Il Governo tunisino ha messo in piedi un gruppo di lavoro per studiare un programma di sviluppo della finanza islamica nel paese, come recentemente annunciato da un dirigente del Ministero delle Finanze; il gruppo, che includerà rappresentanti della Banca Centrale, della Borsa e del Settore privato, tra cui il gruppo bancario Al-Baraka analizzerà le leggi del paese e vedrà come e quanto sia necessario modificarle per permettere il massimo sviluppo della finanza islamica.
Il corrotto regime di Ben Ali, legato a istituzioni imperialiste e sioniste come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, era contrario alla finanza islamica per motivi ideologici ma ora, col Partito del Rinascimento musulmano che domina lo scenario politico é venuto il momento di introdurre questo potente strumento di sviluppo non-usurario nel paese nordafricano.
Come é noto la finanza islamica segue gli insegnamenti del Corano e rifiuta di riconoscere o richiedere interessi, é perciò una finanza etica che non prevede sfruttamento. L'interesse usurario, tipico della finanza occidentale prevede per sua natura che il fulcro del processo economico sia lo sfruttamento: sfruttamento del lavoratore, del risparmiatore, del debitore, sempre sfruttamento della parte più debole. In questo modo la finanza 'tradizionale' si fa volano e propagatore dell'ingiustizia e della diseguaglianza su questo mondo.
Karima Rezk e Chaker Soltani del Ministero delle Finanze hanno anche dichiarato che "appena possibile" il Governo tunisiano progetta di emettere dei "Sukuk", anche noti come 'bond islamici', titoli di credito 'sharia-compliant' che permetteranno agli investitori di impiegare i loro risparmi in maniera eticamente accettabile.
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