La Turchia del Primo Ministro Recep Erdogan esprime 'preoccupazione' per la maniera in cui le potenze occidentali della NATO si sono incaricate di intervenire militarmente in Libia, facendo alzare i jet e iniziando a bombardare ancor prima di aver chiaro come dovesse intendersi il mandato della Risoluzione ONU 1973, avvertendo i suoi incauti colleghi inglesi, francesi e americani di come alcune recenti campagne militari iniziate all'insegna dell'ottimismo e della faciloneria si siano trasformate in veri e propri incubi.
"Quando dieci anni fa la NATO cominciò a bombardare l'Afghanistan si parlava di 'passeggiata' e di un pronto ritiro dopo avere instaurato un regime alternativo a quello dei Talebani...e ancora oggi uomini della NATO sono in Afghanistan, senza che si intraveda una possibile soluzione; non troppo dissimile, poi, fu l'inizio della campagna in Irak".
Erdogan ha indicato una possibile via d'uscita nell'apertura di un dialogo costruttivo tra ciò che resta del regime di Gheddafi e del suo Governo e il Consiglio nazionale di Transizione basato a Bengasi, in maniera che si trovi una soluzione 'politica' che preveda eventualmente un esilio di Gheddafi e famiglia e la formazione di un nuovo Governo rappresentativo e riconosciuto da tutte le tribù e le fazioni in gioco, da raggiungersi in una cornice di cessate-il-fuoco che limiti distruzioni materiali e soprattutto morti tra i civili.
Ovviamente, per iniziare un simile processo "Gheddafi deve dare assicurazioni e compiere gesti distensivi e convincenti", mentre da parte sua la NATO dovrebbe cessare i raid, pur rimanendo all'erta con tutti i suoi mezzi di dissuasione. Altrimenti continuare sulla strada del solo intervento militare, ha ammonito Erdogan, porterà soltanto a "Gravi e spiacevoli conseguenze, e non solo per la Libia o per il suo popolo, ma anche contro coloro che si sono fatti da subito capofila dell'azione armata per soddisfare le loro mire e ambizioni personali".
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