Poche ore dopo la conclusione del suo seminale vertice diplomatico con la rappresentanza di Hamas, Movimento politico che esprime il consenso elettorale del 2006 (da cui trae forza l'unico Governo legittimo autorizzato a parlare ed agire in nome dei Palestinesi) e il neo-Ministro degli Esteri egiziano Nabil el-Arabi é tornato sugli scudi delle cronache mediorientali e internazionali, quando il quotidiano sionista Jerusalem Post ha riportato, nella giornata di ieri le sue seguenti dichiarazioni:
"L'Iran ha relazioni profondamente radicate col nostro paese e si illude coloro che pensano che lo tratteremo con indifferenza o, peggio ancora, con ostilità". Entrato in carica il 6 marzo 2011, in meno di un mese di attività Arabi si é incaricato di iniziare di buona lena la manovra di inversione di marcia e riposizionamento diplomatico dell'Egitto, tenuto 'ingabbiato' per oltre trent'anni dal contegno filosionista e filoamericano prima di Anwar Sadat e poi di Hosni Mubarak.
Interrogato a proposito dell'atteggiamento egiziano verso Hezbollah (che con l'Iran ha riconosciuti e saldi legami), Arabi ha dichiarato che, come parte integrante e fondamentale del panorama politico libanese Hezbollah costituisce un'interlocutore d'eccezione per connettersi con gli umori e le tendenze della politica interna di Beirut che, seppure in maniera meno sofferta e plateale di quella egiziana, ha avuto anch'essa, poco prima della cacciata di Mubarak, una scossa forse decisiva, col crollo del Governo Hariri e il sorgere dell'astro di Najib Mikati, sostenuto da una coalizione imperniata anche su Hezbollah.
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