Il Movimento di Resistenza musulmano Hamas, oggetto di parecchi approcci riconciliatori provenienti da rappresentanti della fazione Fatah dopo che la "strategia ONU" portata avanti da Abu Mazen e soci per tanti mesi si é rivelata un totale e umiliante fallimento, ha messo in chiaro per bocca di un suo autorevole leader che qualunque spinta per la ricostruzione dell'unità nazionale palestinese deve essere preceduta da un'assunzione di responsabilità per la sua rottura e da concreti e pratici gesti di buona volontà.
Sami Abu Zhuri, estensore dell'ammonimento, ha articolato che, qualora unicamente motivati dalla perdita di prestigio della fazione di Mahmud Abbas e del suo cosiddetto 'governo di Ramallah', tutti i possibili tentativi di dialogo non avrebbero alcuna speranza di successo, visto che gli indirizzi politici di Hamas non sono dettati dalla popolarità o dalla convenienza, ma da una seria analisi di cosa sia meglio per il popolo palestinese e per l'affermazione dei suoi diritti.
"Non ha senso chiedere una riconciliazione quando membri e simpatizzanti di Hamas in Cisgiordania sono ancora imprigionati e torturati nelle galere di Fatah", ha puntualizzato Zuhri, spiegando poi come la fine di ogni operazione persecutoria contro la gente di Hamas in Cisgiordania rappresenti la "chiave di volta" di un effettiva ricomposizione della frattura consumatasi nel 2007 quando, nel tentativo di rovesciare con la violenza il risultato delle libere e democratiche elezioni palestinesi la fazione di Mahmud Abbas tentò un maldestro Colpo di Stato contro il Consiglio legislativo uscito dalle urne (nel quale Hamas aveva la maggioranza assoluta) e il Governo che esso legittimamente aveva espresso.
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