Nael Barghouti, prigioniero politico che ha trascorso 31 anni dei suoi 54 nelle carceri del regime ebraico (essendo stato arrestato infatti nel 1978), ha dichiarato che lo sciopero della fame a oltranza a cui sta prendendo parte insieme ad altri compagni di pena verrà portato fino alle estreme conseguenze e che, nel caso che le loro richieste non venissero prese in considerazione dai carcerieri sionisti, avrà termine solo con il loro martirio.
Finora le misure repressive intraprese dall'amministrazione carceraria israeliana non hanno avuto nessun effetto: né i violenti raid notturni, né la separazione dei prigionieri scioperanti dal resto dei detenuti, il loro isolamento o l'embargo alle visite di parenti e rappresentanti legali; forse é presto per dirlo ma sembra proprio che la protesta che sta montando nelle carceri di Israele voglia riproporre, in Medio Oriente, l'epopea dei combattenti dell'IRA rinchiusi nel 'Labirinto', la saga, triste ma anche esaltante di Bobby Sands e degli altri otto prigionieri che scelsero la morte per fame per fedeltà a una Causa.
Barghouti ha opinato che le autorità dell'occupazione sionista siano ormai in uno stato di "Confusione e bancarotta morale" nelle quali sono state gettate dalla perdurante volontà di Resistenza e lotta del popolo palestinese e dai rapidi e sconvolgenti cambiamenti tuttora in corso nel Mondo Arabo, che le hanno private di decennali punti di riferimento. Attualmente nelle prigioni sioniste sono rinchiusi tra i sette e gli ottomila prigionieri politici, suddivisi tra 22 diversi istituti penali e campi sparsi nella Palestina occupata: tra essi si contano 38 donne, 285 bambini, 22 membri eletti del Parlamento palestinese, 270 detenuti in 'carcerazione amministrativa' contro cui non é stata elevata alcuna accusa precisa e 20 prigionieri in completo isolamento. Inoltre 140 prigionieri, tra cui Barghouti stesso, sono stati detenuti per oltre 20 anni.
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