Dopo avere santificato il venerdì con le loro preghiere gli sciiti di Qatif, come quelli di tutta la costa orientale dell'Arabia Saudita sono nuovamente scesi in piazza a fronteggiare le milizie del sovrano Al-Saoud, intenzionate a schiacciare nel sangue le loro rivendicazioni per il rilascio dei prigionieri politici, il riconoscimento dei diritti della minoranza sciita (due milioni e mezzo su venti milioni di 'regnicoli' dell'ultima monarchia assoluta della Terra) e pretendere un più giusto reinvestimento degli enormi utili petroliferi che, pompati letteralmente fuori dalla terra dell'Est vanno poi a ingrassare i forzieri di Riyadh e a finanziare lo stravagante stile di vita dei principi e cortigiani sunniti.
Il ritmo e la vastità delle dimostrazioni di piazza, notevoli soprattutto per un paese in cui ogni forma di attività politica in luogo pubblico sarebbe considerata fuorilegge, sono costantemente cresciute dal novembre 2011 in poi, nonostante il fatto che sempre più spesso la reazione degli sbirri reali contro di esse si manifesti nella violenza armata, come appunto tre mesi fa quando cinque manifestanti vennero falciati dai mitra dei militari o lo scorso 24 gennario, quando solo per un miracolo il bilancio non fu ancora più grave.
Amnesty International e Human Rights Watch hanno a più riprese denunciato le atrocità compiute contro i civili sciiti indifesi dal regime di Riyadh ma l'ipocrita e distratta opinione pubblica occidentale preferisce seguire le fanfaluche di 'Al Jazeera' e 'Al Arabiya' su inesistenti 'repressioni' in Siria anziché vedere le vere stragi perpetrate da Casa Saoud.
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