venerdì 18 novembre 2011

Crescono le accuse contro il Premier kuwaitiano, mentre l'Emiro del piccolo stato petrolifero dichiara l'emergenza!


L'ordine di "adottare tutte le misure necessarie al ristabilimento dell'ordine dopo il recente attacco al Parlamento" é stato emanato nelle scorse ore dall'Emiro del Kuwait Sceicco Sabah al-Ahmad al-Sabah (sopra), se non é uno stato d'assedio vero e proprio poco ci manca e il segnale che quanti, da questo momento in poi avessero intenzione di continuare le manifestazioni di piazza lo faranno a loro rischio é stato praticamente lanciato. Secondo quanto riportato dalla France Presse l'Emiro avrebbe ordinato al Ministero dell'Interno e alla Guardia Nazionale di prendere provvedimenti per confrontare ogni minaccia alla sicurezza del paese e all'ordine pubblico.

La raccomandazione di "ritenersi investiti di tutta l'autorità necessaria a far cessare atti pericolosi e vergognosi" suona particolarmente minacciosa, perché vuol dire che la corte appoggerà ogni misura presa da poliziotti e militari, purché "motivata" dal punto di vista della sicurezza nazionale. Ma chi controllerà e sanzionerà eventuali abusi? Questo il decreto di emergenza emesso dall'Emiro non lo dice. Né, d'altra parte, specifica quali 'misure' vengono autorizzate per far cessare le manifestazioni popolari causate dallo sdegno per le accuse di corruzione levate contro il Premier (nipote dell'Emiro), a cui adesso si aggiungono anche pesanti addebiti di peculato.

Nasser al-Ahmad al-Sabah, nominato Primo Ministro nel 2006 é stato sfiduciato e costretto alle dimissioni ben sei volte ma, dopo altrettante tornate elettorali, é stato sempre rinominato capo dell'Esecutivo dal sovrano del piccolo e ricchissimo emirato petrolifero. Ora però, accusato di aver usato fondi pubblici per corrompere parlamentari indipendenti o di opposizione e di averne persino stornato una parte su suoi conti correnti personali per meglio disporne a suo piacimento, ha suscitato un'ondata di sdegno tale nella popolazione da portarne una parte a scendere in piazza e attaccare persino la sede della Camera dei deputati.
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