Nessuna possibilità che la nuova Tunisia democratica sorta dopo la cacciata del tiranno Ben Ali possa "mai e poi mai" dare il suo 'riconoscimento' al regime ebraico di occupazione della Palestina; zero speranze, poi, che la sua architettura costituzionale (attualmente centro degli sforzi dell'Assemblea eletta il 23 ottobre scorso) possa in qualche modo essere 'laica' o 'laicista' o comunque escludere dal proprio corpus di riferimenti i dettami e le raccomandazioni della fede musulmana, cuore della storia del paese da oltre dodici secoli.
Sono nette e non lasciano adito a equivoci o fraintendimenti le parole di Rachid Ghannouchi, fondatore e leader storico del Partito del Rinascimento Musulmano (Ennahda), uscito trionfatore dalle urne autunnali con la palma di forza politica di maggioranza relativa ai microfoni dell'emittente all-news in Inglese di Teheran, PressTV.
Sempre per sgombrare il campo da malintesi Ghannouchi ha chiarito che tali posizioni non sono sue opinioni personali ma punti-cardine del programma dell'Ennahda e che verranno puntualmente implementati grazie all'enorme fiducia tributata a questa forza politica dall'opinione pubblica tunisina, che le condivide e le vuole vedere in atto.
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