Gia molte volte su queste pagine abbiamo denunciato, con prove e fatti incontrovertibili, con tanto di nomi e cognomi, la maniera scandalosa in cui detenuti politici palestinesi, il più delle volte incarcerati senza accuse o addebiti, gettati in galera dall'occupazione ebraica soltanto per aver cercato di difendere i diritti della loro gente, vengano lasciati nella negligenza medica più assoluta, non curati quando soffrono di condizioni cliniche persistenti e invalidanti (diabete, ipertensione, malattie cardiache, persino cancro), o sottoposti addirttura a esperimenti medici, come accadeva nei campi di sterminio nazisti.
Adesso, per negligenza criminale o esplicito intento omicida, a questo "Cahier des Doleances" si aggiunge anche l'avvelenamento, come quello subito dal quarantaduenne detenuto politico Riyad Amor, che, vittima di una iniezione venefica somministratagli alla clinica della prigione di Ramleh ha visto le proprie condizioni di salute peggiorare fino a non essere più in grado di camminare e coordinare i movimenti.
Amor era stato trasferito a Ramleh dalla prigione di Eshel; cardiopatico, avrebbe bisogno di un impianto di pacemaker, ma finora l'amministrazione carceraria sionista non ha concesso l'intervento, che sarebbe dovuto per semplici ed elementari ragioni umanitarie. Evidentemente qualcuno ha creduto di poter "risolvere" il dilemma alla maniera del Terzo Reich, avvelenando il malato. Non crediamo infatti nemmeno per un secondo alla giustificazione ufficiale, inaccettabile anche in linea di principio che pretende di addossare il tutto a un "errore clinico", anche se fosse bisognerebbe aprire un'inchiesta e mettere sotto indagine infermieri e dottori della clinica di Ramleh.
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