Secondo quanto riportato dall'Agence France Presse quattro manifestanti sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco in Piazza della Liberazione al Cairo, mentre altri quattro hanno trovato la morte per soffocamento o per traumi ricevuti da cartucce di gas asfissiante sparate loro contro a mò di proiettile. La polizia e l'esercito, col supporto di veicoli blindati hanno utilizzato inaudita violenza contro i manifestanti che, pacificamente, occupavano il luogo nel tardo pomeriggio di domenica; gli scontri sono proseguiti per buona parte della serata.
Con questo intensificarsi della violenza di poliziotti e soldati sale a undici il bilancio delle vittime del week-end e cresce proporzionalmente la possibilità che il popolo egiziano decida di "finire il lavoro" ritornando in massa nelle piazze e nelle strade questa volta per abbattere, dopo Mubarak e i suoi sodali anche le sue marionette in uniforme, che speravano di avere 'passato nuttata' elevandosi a controllori della transizione tra l'autocrazia del faraone ottuagenario e una vagheggiata democrazia di cui tuttavia a nove mesi dalla rivoluzione di febbraio non si vedono ancora che timidi segni.
Attivitsti, partiti e sindacati stanno diventando via via sempre più critici riguardo al fallimento dello SCAF (Il Supremo consiglio delle Forze Armate) di mantenere le proprie promesse e di implementare un rapido passaggio verso una forma di Governo civile. Non solo, ultimamente i militari hanno cercato di fare approvare al Governo ad Interim presieduto da Essam Sharaf una riforma costituzionale che darebbe alle Forze armate esclusivo e assoluto controllo sui propri bilanci e le proteggerebbe per sempre da indagini e inchieste.
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