La transizione del potere al Vicepresiden Abd Rabbo Mansour Hadi, la formazione di un Governo ad interim che amministri il paese nei 24 mesi apparentemente 'necessari' a portare l'Arabia Felix verso il traguardo di elezioni democratiche e, soprattutto, la totale immunità da prosecuzioni e processi per i crimini commessi in trentatré anni di imperio assoluto prima sul solo Yemen del Nord, poi, dopo la guerra civile del 1994, anche sulla parte meridionale del paese; questi, in sintesi, i punti salienti dell'accordo sponsorizzato dai Paesi arabi del Golfo Persico che Ali Abdullah Saleh si appresterebbe a firmare in terra Saudita, dopo esservi tornato per la prima volta da quando, reduce da un devastante attentato che lo aveva colpito nel suo stesso palazzo del potere, vi aveva subito lunghe e rischiose operazioni di ricostruzione, finanziate generosamente dai suoi sponsor di Casa Saoud.
Per settimane e settimane Saleh ha rifiutato ostinatamente di considerare la proposta del GCC, ma la determinazione delle opposizioni: società civile, forze armate e ribelli tribali delle minoranze sciite, non ha lasciato alternativa all'ex-tiranno, che ora spera almeno di poter evitare le peggiori conseguenze della collera del popolo, insorto sull'onda di entusiasmo della "Primavera Araba" ma che in realtà aveva già iniziato a ribellarsi al giogo autoritario del pupazzo di Usa, Sauditi e Israele fin già dal 2007.
L'inviato dell'ONU Jamal ben Omar si é congratulato con la popolazione che, attraverso la sua determinazione e il suo sacrificio (centinaia e centinaia di dimostranti sono stati uccisi in questi mesi dalle forze fedeli a Saleh, mentre i codardi e corrotti media occidentali inventavano false stragi e false rivolte in Siria); l'inviato delle Nazioni Unite ha anche invitato tutte le forze sociali yemenite a collaborare per creare le migliori condizioni di crescita e di convivenza civile nel futuro prossimo del Paese.
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