domenica 24 ottobre 2010

Mahmud Abbas: da successore di Yasser Arafat a sollecito cameriere dei sionisti


Le ultime dichiarazioni del presidente di Fatah, la fazione al potere in Cisgiordania dopo il tentato colpo di stato contro il legittimo Governo palestinese espresso da Hamas, non hanno mancato di scatenare un vespaio di polemiche e reazioni indignate.

In un comunicato stampa, prontamente ripreso e propagato dagli outlet d'informazione israeliani, Mahmud Abbas aveva affermato di essere "pronto" a riconoscere Israele come stato "ebraico" e di poter altresì abbandonare la richiesta del "diritto al ritorno" per i Palestinesi resi profughi dalla ''Nakba'' e per i loro discendenti in "cambio" di uno Stato palestinese dai confini netti e rispettati dai sionisti.

Immediatamente una dichiarazione sottoscritta dai rappresentanti di circa trenta organizzazioni e realtà del mondo palestinese in Europa ha risposto ad Abbas: "Qualunque siano le posizioni, i gradi e i ruoli istituzionali ricoperti, atti sul campo o dichiarazioni a garanzia dell'occupazione come quelle udite sono inaccettabili e da qui ribadiamo che i diritti dei Palestinesi, tra cui pure quello di reagire e di resistere alle violenze e all'occupazione sionista - sono inalienabili".

Da traditore del suo stesso popolo Abbas pensa evidentemente di potersi proporre come "ascaro" gradito al sionismo e agli Usa, per poter mercanteggiare con i diritti storici dei Palestinesi in cambio di un riconoscimento diretto a lui e alla piccola cricca di burocrati che hanno preso il controllo della Cisgiordania.
In Palestina gira una popolare barzelletta: "Hai bisogno di scarpe? Metti un ritratto di Abbas fuori dalla porta!"
Ma la reazione compatta delle associazioni sparse in tutto il mondo non lascia ad Abbas e ai suoi molto spazio di manovra in tal senso.

"Sotto etichette come 'dialogo e negoziati per la pace', si avalla il piano israeliano e si legittimiamo le sue politiche razziste, si minano i diritti inalienabili del nostro popolo", continua il comunicato dall'Europa.

"Noi crediamo che sia d'obbligo lanciare un allarme su quanto accade e sulle ultime dichiarazioni che mettono seriamente a repentaglio il diritto al ritorno e che decretano una segregazione".

Il capo-redattore del quotidiano palestinese Al-Quds_Al-Arabi, Abdul Bari Atwan (egli stesso figlio di profughi palestinesi), ha recentemente scritto in merito: "Queste dichiarazioni non sono semplici 'palloni sonda', sono parte di un piano accuratamente studiato e concertato per preparare il popolo palestinese a un accordo basato sulla più ignominiosa sottomissione alle imposizioni sioniste, ivi compresa la rinuncia al "diritto al ritorno", il riconoscimento delle inaccettabili leggi razziste approvate in Israele e la "pulizia etnica" con l'espulsione della popolazione palestinese fuori da esso".

Vista la continua violazione di qualunque controllo Fatah pretenda di esercitare nella West Bank e l'aperto e violento disprezzo con cui i coloni ebrei fondamentalisti e i militari israeliani trattano i Palestinesi in Cisgiordania (fiduciosi che Fatah non reagirà in alcun modo), ci si può legittimamente chiedere cosa porti Abbas e la sua cricca a credere che ogni "concessione" ottenuta da Israele in cambio di questa vergnognosa svendita dei dritti nazionali palestiesi sarà poi rispettata da coloro che oggi fanno strame della pretesa "autorità" di Fatah.

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