Man mano che
le notizie dal Cairo, da Gaza e dalla Cisgiordania si strutturano e si arricchiscono di dettagli emerge con chiarezza la prospettiva concreta che l'effetto domino iniziato nel 2011 con l'abbattimento dei satrapi filo-occidentali in alcuni paesi mediorientale non metta in pericolo soltanto gli scranni dei colleghi ancora in sella dei tiranni deposti, ma tutto il rapporto di forza nella regione, ancora pochi mesi fa ingabbiata nell'agenda setting di Washington e Tel Aviv (con le poche eccezioni di Iran e Turchia, peraltro paesi non arabi) e ora totalmente libere di essere
percorse da iniziative nuove e coraggiose come la mediazione egiziana che, in capo a poche settimane, sembra essere riuscita a colmare un gap scavato da quattro anni di servilismo, ambiguità, tradimento e connivenza con gli oppressori da parte di Fatah.
Sia chiaro da subito, il processo di riconciliazione palestinese avrà senso solo e soltanto se a compiere il tragitto più lungo e accidentato verso l'agognata riconciliazione nazionale sarà la fazione di Abu Mazen: é stata Fatah a cercare di ribaltare con le armi la secca vittoria elettorale di Hamas, é stata Fatah in questi quattro anni a trasformarsi nella gendarmeria ascara di Israele, sono stati esponenti di Fatah ad allearsi al Mossad per colpire all'estero dirigenti di Hamas...la ragione, la legittimità, il diritto e l'orgoglio nazionale stanno tutti dalla parte del Movimento di Resistenza Musulmano, cercare di trascurare questi dati di fatto 'per amor di pace' non porterà a nulla di positivo, Fatah ha sbagliato e sicuramente pagherà il fio dei suoi errori nei seggi elettorali, tanto alle presidenziali quanto alle legislative.
Ovviamente, roboanti e minacciosi quanto vuoti e inani si levano i latrati dei 'mastini' Netanyahu e Lieberman, i politici sionisti di estrema destra 'ammoniscono' Fatah: "O con noi o con Hamas", benissimo, visto quanto Fatah ha ottenuto durante i balletti delle 'trattative' con Israele é più che chiaro che la fazione già golpista abbia capito che la sua sopravvivenza politica può passare solo tramite il rifiuto degli ultimi quattro anni di linea politica, cosa potrà fare Israele di peggio che non abbia già fatto? Scatenare una 'Piombo Fuso' anche contro la Cisgiordania?
Interrogato dalla televisione iraniana di lingua inglese PRESStv, Ahmed Youssef, consigliere politico del Primo Ministro Hanyieh, ha dichiarato che l'accordo con Fatah é frutto di quattro fattori principali: le 'onde sismiche' della caduta di Mubarak, gran sacerdote della 'vacca sacra' della Pace con Israele vista come viatico all'accettazione occidentale e alla durevolezza del potere politico in Medio Oriente, in secondo luogo l'abietto fallimento di ogni tentativo di portare Israele alla ragione con qualche concessione più o meno grande in ambito negoziale, in terzo luogo il veto americano all'ONU che ha affondato la bozza di risoluzione di condanna del processo di insediamento di coloni fanatici in Cisgiordania e di giudaizzazione forzata di borghi e cittadine e città palestinesi, infine
la massiccia mobilitazione popolare nella West Bank che ha prospettato a Fatah la minaccia di una massiccia insurrezione popolare come quella tunisina o egiziana.
Come si vede sono tutti fattori collegati da un "fil rouge", l'ostinazione pertinace di Israele a concedere alcunché ai suoi vicini, siano essi egiziani, palestinesi o altro: Israele non ha mai trattato l'Egitto come un partner alla pari ma come una satrapia di cui teneva in pugno il guardiano, da qui accordi umilianti come quello del metano, che hanno fomentato la rabbia popolare contro Mubarak,
Israele non ha acconsentito nemmeno a 'congelare' temporaneamente gli insediamenti ebraici (pur lusingato da Obama con regalie e prebende), quindi ha mostrato a Fatah l'inutilità di proseguire il minuetto negoziale;
per evitare censure internazionali ha scatenato i mastini dell'AIPAC e della Lobby a Sei Punte, mostrando di nuovo come non ci fosse da sperare in sostegni esteri per la causa palestinese,
a quel punto, e siamo al quarto, restavano solo due strade a Fatah: trasformarsi del tutto nei lanzichenecchi di Tel Aviv e scatenare la repressione sanguinosa contro i manifestanti a Ramallah, Nablus e Al-Khalil oppure cercare l'intesa con Hamas sul versante della Resistenza...é stata scelta la seconda via.
Israele non deve abbaiare contro Fatah, sperando di intimorirla e farla tornare all'ovile, deve mangiarsi le mani per tutte le occasioni che ha sprecato finora, affidandosi a leadership politiche che non sanno nemmeno immaginare una trattativa seria e onesta e fidandosi troppo della complicità ipocrita e insincera di Usa e Unione Europea.
Interrogato da PRESStv nella sua residenza londinese l'analista mediorientale Peter Eyre ha aggiunto al mix l'interessante osservazione che il rifiuto israeliano di trattare con qualunque entità semi-autonoma e para-statale palestinese potrebbe avere un motivo anche con la segreta speranza israeliana di defraudare totalmente i Palestinesi delle ricchezze naturali del bacino di gas Est-Mediterraneo che, ha sottolineato lo studioso inglese, potrebbero rendere la Palestina "La Piccola Dubai" del Mare Nostrum.
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