martedì 16 ottobre 2012

Malattie veneree in crescita tra i Palestinesi che lavorano per gli occupanti sionisti: donne israeliane li forzano a rapporti non protetti!

Nell'ipocrita e corrotto Occidente le campagne contro le 'molestie sessuali' sul luogo di lavoro sono "territorio di caccia" privilegiato per femministoidi carrieriste e misandriche che possono dare libero sfogo alle loro ubbìe costruendo narrative ridicole che vogliono ogni uomo simile al lupo cattivo dei cartoni di Tex Avery e ogni donna come una vittima predestinata delle sue fregole ferine; invece nella Palestina sottoposta all'occupazione del regime ebraico esiste davvero un problema di 'sexual harassment' le cui vittime sono i lavoratori palestinese, preferibilmente sotto i 35 anni, avvenenti e ricattabili tramite il permesso di lavoro.

Secondo l'Ufficio Statistico Centrale dei Territori Occupati palestinesi il 77 per cento dei lavoratori che ogni giorno dalla West Bank vanno a lavorare in Israele ha subito "almeno una volta" una molestia da parte di una donna sionista, percentuale che grosso modo corrisponde alla quasi totalità dei giovani sotto i 35 anni e di aspetto mediamente piacente.

Ovviamente i lavoratori palestinesi, che hanno impiegato mesi e molto denaro sottoforma di tangenti e bustarelle alla burocrazia sionista per ottenere il permesso di lavoro (da cui dipende il salario che magari mantiene la loro famiglia) non possono che tacere e sottostare al ricatto. Ma considerazioni morali a parte il ricatto sessuale delle 'cougar' sioniste espone i giovani Palestinesi a un serio rischio per la salute: infatti tra i lavoratori che godono di permesso sono in vera e propria esplosione le malattie veneree, in primis l'HIV, trasmesse loro dai rapporti non protetti cui vengono obbligati.

Anche in questo caso si vede come i lavoratori vittime del mindset sionista che vede i Palestinesi come oggetti da sfruttare (in ogni senso).
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