martedì 14 dicembre 2010

Come la "Lobby a Sei Punte" ha devastato l'economia usa...Israele e i suoi sicofanti sono causa del declino americano


Il titolo ("Il mestiere della Spia") é abbastanza allusivo e la copertina é abbastanza chiassosa, invitante e "blood and thunder" da suggerire l'idea che il volume in questione sia una spy story o quantomeno un 'techno thriller' ma, coloro che decidessero di ordinarlo da Amazon per la modica cifra di 9 dollari e 96 (risparmiando il 23%!) non si troverebbero in mano il sudato 'parto' di un emulo di Ken Follet (il Forsyth blairista) o di Frederick Forsyth (il Follet thatcheriano), ma un interessantissimo e molto ben documentato saggio a tesi.

Il lavoro é mirato a dimostrare come e quanto l'irrefrenabile attivismo dell'AIPAC e delle altre associazioni sioniste congregate nella famosa "Israel Lobby" abbia contribuito (forse in maniera determinante) a indebolire e condannare l'economia americana; una volta fulcro vibrante del blocco capitalista, ormai ridotta a un'asfittica cariatide attaccata alla bombola d'ossigeno in attesa della crisi che potrebbe condannare definitivamente qualunque aspirazione di Washington all'egemonia globale che aveva brevemente assaporato nel corso dei "favolosi anni '90".

L'autore del volume, Grant F. Smith era stato da noi già citato in quanto autore del memoriale di oltre mille pagine che accusava l'AIPAC di numerose malversazioni e comportamenti che andavano dal poco etico all'illegalità conclamata e che rischia di costare al "gorilla da 200 chili fra le lobby politiche" la revoca dell'esenzione fiscale (nulla tedia i sionisti più che il dover pagare le tasse!) e una varia serie di inchieste e comparizioni di fronte a giurì ed autorità di controllo.

Il lavoro di Smith é ricchissimo di riferimenti, note, citazioni di documenti...praticamente nessuna affermazione viene fatta nel libro se non é possibile supportarla con fatti inoppugnabili e incontrobertibili (politica editoriale che trova il nostro pieno e sentito favore) e, di immediato e particolare interesse risultano le prove di come la lobby "a sei punte", pur già presente nell'agone politico/affaristico Usa, abbia realmente iniziato a "decollare" negli anni '80, quando, grazie all'accordo commerciale stipulato fra l'ex cowboy con l'Alzheimer Ronald Reagan e l'ex-terrorista della Banda Stern, il piccolo Yithzak Shamir gli Usa iniziarono a "pompare" senza alcuna dogana, dazio o semplice controllo capitali e tecnologia in Israele.

L'accordo era necessario per permettere a Israele di meglio "ereditare" il ruolo che era stato degli Usa e diventare il principale finanziatore delle dittature militari e degli "uomini forti" in Centro e Sud America (un argomento che abbiamo già trattato e sul quale ritorneremo presto con nuovi articoli e contenuti), in maniera da aggirare le limitazioni poste dal Congresso in materia di aiuti militari a regimi e movimenti dall'inaccettabile fedina morale (come i Contras nicaraguensi e la dittatura honduregna, ampiamente beneficiati dal regime sionista).

Grazie al know how e ai capitali introiettati con l'accordo commerciale Israele iniziò a fare una concorrenza spietata ai prodotti e alla tecnologia americana, soprattutto nel campo dell'elettronica militare e di consumo; rivolgendo nel contempo tutto il proprio considerevole apparato di intelligence nei confronti del cosiddetto "alleato" a stelle e strisce, al quale carpì segreti militari ma soprattutto economici.

Con un catastrofico passivo della bilancia commerciale reciproca (-71 miliardi di dollari l'anno a favore di Israele) e con la concorrenza di Tel Aviv che minava e distruggeva migliaia di posti di lavoro americani nella ricerca e nella manifattura ogni anno, l'accordo sarebbe stato abolito dopo pochi anni, ma qui entrò in campo la Israel Lobby, che, ampiamente finanziata e foraggiata dagli esecutivi israeliani e dai propri ricchi affiliati, divenne presto talmente forte non solo da 'influenzare' ma addirittura da 'forgiare e dirigere' la politica estera della Casa Bianca nei confronti non solo di Israele, ma di tutto il Vicino e Medio Oriente.

Ovviamente, il libro non é esente da pecche: se praticamente perfetta é la fase della raccolta e dell'esposizione dei dati, molto più lacunosa é quella della loro elaborazione; in ciò Grant Smith risulta simile a un formidabile segugio che scova "tracce" altrimenti impossibili a vedersi, ma che poi da esse non sa trarre una coerente strategia di "caccia"...ad esempio a un certo punto l'autore sembra stupirsi che l'accordo Us-raeliano, basato sul principio del "libero commercio" si sia risolto ai danni dei lavoratori, ora, é vero che negli Stati Uniti é presente una vasta e diffusa 'vulgata' filocapitalista e liberista, ma da un reporter investigativo che si occupa di lobby ci aspettiamo che sappia quantomeno che la libertà dei mercati è sempre pagata dai ceti produttivi (basta vedere i risultati delle deregulation liberiste di Reagan, Thatcher, Blair e Bersani...applaudite dai parassiti, maledette dai lavoratori).

Tuttavia, a quanti volessero dotarsi di un vasto e circostanziato "corpus" di prove e fatti riguardante la nefasta influenza della lobby filosionista nella politica e nell'economia americane non possiamo che consigliare l'acquisto e la lettura del volume: per l'analisi e l'utilizzo dei dati é meglio, però, rivolgersi altrove.

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