sabato 23 aprile 2011

Colpito dal boicottaggio dei maggiori artisti mondiali Israele deve accontentarsi di...Justin Bieber, che si sottrae comunque alla propaganda sionista!


Che la campagna di boicottaggio culturale e musicale, lanciata nell'ambito della strategia "BDS" contro il regime dell'Apartheid ebraico, stia avendo grande successo e colpendo duramente gli interessi di Tel Aviv nel tentare di presentarsi come uno stato moderno, luccicante e 'a la page' risulta piuttosto evidente dalla foga, si direbbe quasi dall'orgasmo con cui gli outlet di propaganda governativa hanno cercato di "buttarsi a pesce" in questi ultimi giorni sulla visita in israele con successivo concerto di una pop-star di secondo piano come Justin Bieber, biondastro idoletto manifatturato a tavolino per catturare adorazione e sogni adolescenziali delle ragazzine prepuberi, uno al cui confronto i Take That fanno la figura dei Rolling Stones.

Come se ciò non fosse abbastanza umiliante, bisogna anche registrare il fatto che la pop-star nordamericana (o meglio, lo staff che ne manovra dichiarazioni, movimenti e apparizioni) si sia totalmente sottratta a ogni tentativo di trasformare la sua tappa nello Stato ebraico in un momento di celebrazione e/o glorificazione dello stesso, rifiutando, tanto per dire, un incontro col Primo Ministro Benji Netanyahu (che siamo certi, fra un ordine di bombardamento e l'altro si scatena nel suo ufficio al ritmo di "Runaway Love" e "Never Let You Go") nonché di apparire in un servizio fotografico insieme ai coloni ebrei fondamentalisti che alcuni giorni addietro sono stati colpiti, sull'autobus in cui viaggiavano, da una granata a razzo della Resistenza palestinese.

Il che é significativo: il management di Bieber non si é fatto problemi a spedire il suo pollastrello dalle uova d'oro in israele, ma evidentemente teme contraccolpi negativi se la sua visita assumesse un tono eccessivamente "politico". Ancora più significato assumono queste scelte se si consideri che normalmente Bieber viene lasciato libero di lanciare messaggi più che politici come una sua "opposizione" all'aborto e all'autodeterminazione femminile (che quindi non vengono considerati 'pericolosi' per i suoi indici di gradimento e vendite, quantomeno nei suoi mercati di riferimento), ma di fronte alla prospettiva di abbracciare la causa dell'Apartheid sionista chi tira i fili del biondino canadese ha preferito fare un passo indietro.

Speriamo, in futuro, che anche icone musicali di secondo piano come il mini-cantante in questione siano del tutto scoraggiate dal recarsi in israele grazie al perdurare e all'intensificarsi del boicottaggio culturale.

Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.

1 commento:

  1. Netanyahu voleva incontrare Bieber.
    Beh i cogli*ni vanno sempre in coppia.

    RispondiElimina