Dopo Arafat Jaradat, morto per le percosse bestiali a cui era stato sottoposto e Maisarah Abu Hamdiah rimasto vittima (come già altri prima di lui) della criminale negligenza sanitaria sionista nei suoi confronti siamo stati raggiunti oggi dalla notizia che un altro detenuto politico palestinese ha perso la vita nelle carceri sioniste, che si stanno rivelando sempre di più dei veri e propri "bunker della morte" per carcerati spesso condannati solo per avere resistito con il loro coraggio e la loro abnegazione all'Apartheid sionista.
Il nome del nuovo martire delle galere di Tel Aviv non é ancora noto ma si sa che ha trovato la morte a Nafha, vicino Beersheba, una delle peggiori 'caienne' del sistema concentrazionario sionazista e sembra sicuro che le circostanze della sua morte siano completamente imputabili alle disumane condizioni di detenzione, che includono pestaggi, torture, negazione di cure e attenzioni mediche adeguate.
Israele, ipocrita quant'altri mai nel definirsi "unica democrazia mediorientale" usa le spaventose condizioni di maltrattamento vigenti nelle sue prigioni politiche come 'pena di morte' accessoria, infliggibile a piacimento, sempre e soltanto a detenuti palestinesi mentre i criminali ebrei godono di privilegi quasi impensabili: visite frequenti, distribuzione di generi forniti dalle famiglie, permessi-premio e sconti di pena.
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