lunedì 8 novembre 2010

Fatah é ormai la gendarmeria indigena di Israele, Abbas é il suo kapò


Sciumbasci Ascari, Bachi-Bozouk, Meharisti; nell'epoca passata degli imperi coloniali così erano definiti quegl "indigeni" armati ed addestrati dai padroni europei a diventare guardiani e oppressori dei loro stessi compatrioti. Adesso, a quasi di sei anni dalla morte di Yasser Arafat, il dizionarietto del collaborazionismo si sta arricchendo di un nuovo termine, che vivendo il vincitore di Karameh mai ci si sarebbe aspettati di vedere inserito in una simile lista: Fatah.

In un suo recente articolo il giornalista palestinese Khalid Amayreh denuncia il processo di "israelizzazione" della fazione palestinese che controlla la Cisgiordania, divenendo sempre più la "gendarmeria indigena" dello stato sionista e sempre meno una forza a cui gli abitanti dei territori occupati possano guardare con niente più che disprezzo e pena.

"Cercando di mascherare la sua manifesta bancarotta politica e morale Fatah, sotto la gelatinosa leadership dell'ex presidente dell'Anp Mahmoud Abbas (ultimo detentore di un titolo il cui mandato è scaduto da oltre venti mesi e per il quale non si programma alcun rinnovo tramite elezioni, per evitare che la popolazione elegga un candidato di Hamas), vivacchia cercando di ottenere l'approvazione dei suoi foraggiatori statunitensi e sauditi agitando lo spauracchio iraniano".

Nelle ultime settimane Fatah si é lasciata andare a regolari stigmatizzazioni della Repubblica di Teheran e della sua pretesa "ingerenza" nelle questioni palestinesi, tralasciando di notare come piuttosto sia l'ipocrisia e la falsita di Tel Aviv ad avere affossato il "dialogo bilaterale" (durante il quale l'espansione delle colonie illegali in Cisgiordania continua a buon ritmo e senza alcuna interruzione).

Dalla propaganda di Fatah sembrerebbe che sia l'Iran e non Israele a voler demolire la moschea di Al-Aqsa, a voler sfrattare tutti i Palestinesi arabi e cristiani da Gerusalemme, a chiudere gli occhi di fronte alle aggressioni e alle devastazioni di fondamentalisti ebrei dell'ultradestra o ad assediare Gaza programmando scientemente la scarsità o l'esaurimento di vari beni e servizi essenziali per gli abitanti della Striscia.

Del resto, come tutte le scimmie addestrate, Abbas fa quello che vede fare al suo bwana bianco Benjamin Netanyahu: come 'Bibi', seduto su un arsenale atomico ricco di oltre duecento testate nucleari cerca di spaventare l'Occidente puntando il dito contro la "possibilità" che senza fonti di uranio non monitorate in qualche modo Ahmadinejad riesca ad arricchire in qualche modo isotopi sufficienti a una bomba, così il capo di Fatah sposta l'attenzione sull'Iran in modo che Israele possa continuare indisturbato nei suoi soprusi e nelle sue violente vessazioni.

domenica 7 novembre 2010

Israele si auto-isola interrompendo la cooperazione con l'UNESCO


Il governo di Israele ha annunciato che interromperà le relazioni e la cooperazione con l'UNESCO, l'agenzia delle Nazioni Unite dedita a progetti educativi, scientifici e culturali. La decisione é stata annunciata dal vice del Ministro degli Esteri israeliano, l'ultranazionalista di estrema destra Avigdor Lieberman, propugnatore del piano di pulizia etnica teso a "ebraicizzare" Gerusalemme cancellandone l'identità araba cristiana e musulmana.




Il "casus belli" che ha portato alla virulenta e incendiaria reazione sionista é, come già riportato su queste pagine, la ineccepibile decisione dell'UNESCO di includere le moschee di Ibrahimi e di Bila ibn Rabah nella lista dei suoi "luoghi protetti", catalogandole come "siti di interesse culturale Palestinese e musulmano". Sono moschee, di che interesse dovevano essere, marziano?


Ma ovviamente i sionisti contestano questa classificazione non perché pignolamente preoccupati della precisione delle guide turistiche o delle cartoline che verranno vendute ai turisti, ma perché OGNI riconoscimento di una identità etnica, religiosa e culturale che non sia quella della "razza superiore" ebraica collide violentemente coi loro propositi di evacuazione e "repulisti" di Gerusalemme.

Nella sua dichiarazione ufficiale Danny Ayalon dice: "Israele si trova costretto(sic) a interrompere le sue relazioni con l'UNESCO fino a che questa non riconsidererà le proprie decisioni sui luoghi in questione", e prosegue dichiarando che la decisione dell'agenzia altro non sarebbe che "un nuovo tentativo di delegittimare Israele, impedendo il processo di pace (quale?) e danneggiando la sua (dell'UNESCO) reputazione".


Per Israele é facile, tra coprifuochi, barriere e posti di blocco, impedire o danneggiare la didattica degli scolari e studenti di Palestina. Un genocidio si compie anche così, impedendo ai giovani di studiare.

Nel suo meeting esecutivo del 20 ottobre scorso tutti i membri dell'organizzazione ONU hanno votato a favore di cinque risoluzioni che condannano i piani di sionistizzazione di Gerusalemme, stigmatizzano la minaccia che tali piani pongono all'identità storica e culturale della città e altresì lanciano l'allarme sulla deteriorazione del clima culturale di Gaza e della Cisgiordania, le cui popolazioni soffrono l'una per l'assedio israeliano, l'altra per le continue angherie a opera di esercito, polizia e coloni ebrei fanatizzati e violenti.

sabato 6 novembre 2010

Boicotta, disinvesti, sanziona! Nuovo successo della campagna antisionista!!


Palazzinaro, trafficante di diamanti, fabbricante di prodotti chimici; questi i tre cardini su cui Lev Leviev, nato in Uzbekistan da una influente e ramificata famiglia di Ebrei ortodossi, ha edificato una fortuna valutata in oltre un miliardo e mezzo di dollari; per un periodo ha cercato anche di lanciarsi nel business delle prigioni private in Israele (visto che là i detenuti non mancano mai avrà pensato che li si potesse anche sfruttare in lavori malpagati e pericolosi) ma, forse pilotato da qualche "toga rossa", un tribunale di Tel Aviv dichiarò lo stesso concetto di prigione gestita da una corporazione come "altamente incostituzionale" e il pasciuto e lucido Mr. Leviev si é dovuto "accontentare", per cavare comunque soldi dall'umiliazione e dallo sfruttamento di altri esseri umani, di investire pesantemente nella costruzione di insediamenti illegali su terra rubata ai Palestinesi, come Har Homa e Maale Hadumim.

Adesso, "purtroppo" (per lui e per il suo gonfio portafoglio), ha dovuto rinunciare anche a questa lucrosa "venture" affaristica; a causa delle ripetute, insistenti, proteste pubbliche che erano diventare ormai parte integrante del panorama circostate le sue gioiellerie, i suoi cantieri, i suoi uffici e le sue fabbriche. Denunce, picchettaggi, slogan e cartelli (spesso semplici cartoncini con caratteri disegnati a pennarello) sono riusciti nell'impossibile...far recedere uno spregevole individuo con la cassaforte al posto del cuore e il conto corrente al posto del cervello a desistere da una (pur lucrosissima) impresa per paura di ben più consistenti danni economici alle sue altre attività.

Ignorati dai media controllati dalla lobby ebraica, attaccati dalla canaglia prezzolata dei disinformatori e degli infangatori filosionisti (quelli che urlano: 'anti$emita!' e 'olocau$to!' appena si critica l'apartheid di Tel Aviv), i manifestanti della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimeto e Sanzioni) contro Israele non si sono scoraggiati e non hanno ceduto; il loro messaggio si é diffuso, capillarmente, per osmosi, come un bacillo di libertà che ha "infettato" prima migliaia e poi centinaia di migliaia di persone, fino a che ala benefica "infezione" Leviev ha potuto reagire in un solo modo: "amputandosi" il sostegno e la partecipazione alla costruzione di insediamenti.

"Africa Israel", la compagnia ammiraglia del gruppo guidato dal miliardario, ha annunciato pochi giorni fa di non essere più coinvolta direttamente o indirettamente nei progetti di insediamento in Cisgiordania, pur riservandosi di "negare" (con una foglia di fico sinceramente poco credibile) che la decisione sia nata da "preoccupazioni per le pressioni ricevute". Adlah-New York, la principale associazione coinvolta nel picchettaggio e boicottaggio delle imprese di Leviev considera la decisione "Un enorme e importante successo. che mostra la bontà e l'efficacia della campagna BDS".

La "Coalizione delle Donne israeliane per la Pace" ha rivelato che in una lettera ufficiale indirizzatale da Africa Israel veniva ripetuto con tanto di prove documentali controllabili come ogni legame con realtà finanziarie e imprenditoriali coinvolte nella costruzione dei 'settlement' fosse ormai stato rescisso e che la compagnia rimaneva da quel momento in poi coinvolta in progetti edilizi che avrebbero beneficiato l'intera comunità dei cittadini di Israele, senza distinzioni etniche o religiose.

Visto che solo nel 2008 uno spocchioso e soddisfatto Leviev dichiarava al quotidiano Haaretz che per lui gli insediamenti erano territorio israeliano senza riguardo a dove fossero costruiti o chi avesse abitato precedentemente sul loro suolo e che per lui Gerusalemme doveva "tornare" a essere una città "esclusivamente ebraica" il lettore può facilmente immaginare quale devastante impatto la campagna BDS abbia avuto sulle sue imprese, per spingerlo a una decisione tanto drastica e a profondersi in assicurazioni (con tanto di prove!) di avere del tutto interrorro il proprio coinvolgimento nella campagna sionista di furto e occupazione di terra cisgiordana.

Presentato anche a Genova "Un Muro non basta" di Andrea Merli


Un muro non basta per decidere chi ha ragione e chi torto
un muro non basta per tracciare un confine arbitrario
un muro non basta per dettare la legge del più forte

Un muro non basta per nascondere un orizzonte alla sua terra
un muro non basta per costruire una gabbia intorno a una nazione
un muro non basta per dimenticare quello che c’è dall’altra parte

Si é tenuta ieri a Genova presso il Centro Banchi di piazza De Marini la presentazione del libro fotografico "Un Muro non Basta" di Andrea Merli, dato alle stampe a Firenze per i tipi delle Edizioni della Meridiana e promosso grazie agli sforzi dell'associazione “Habibti Betlemme” di Montevarchi,

Proprio da Montevarchi lo scorso ventotto ottobre è partita la prima frazione del 'mini-tour' promozionale del volume, che ha toccato nel giro di pochi giorni le località di Sansepolcro, Anghiari, Varazze e, appunto, Genova.

Il libro presenta centocinquanta immagini fra le migliaia scattate dall'autore e dal fotografo Federico Busonero per raccontare la condizione della Palestina di oggi, dove il muro rappresenta soltanto uno dei volti dell’occupazione israeliana sul territorio della Cisgiordania.

Così l'autore Andrea Merli, che per oltre sei anni ha vissuto in Palestina, ha raccontato la genesi dell'opera: "Mentre assistevo alla frammentazione della Palestina, senza alcuna possibilità di fermare un solo movimento delle gru che scaricavano i blocchi di cemento, ho voluto fermare la luce. Per quanto fosse alto e impenetrabile, quel muro non poteva fermare la luce che ogni giorno, inesorabile, ne mostrava le fattezze".

Foto come gocce di memoria, foto come mani levate contro i missili, i proiettili di plastica sparati in testa, i bulldozer corazzati dell' "esercito più (im)morale del mondo".

Foto come istanti cristallizzati in una saga che contrappone il coraggio della speranza e della lotta per la giustizia alla sopraffazione e alla violenza consumate con la complicità di coloro che "non si schierano", "non prendono posizione", di coloro che (vista la tappa genovese la citazione é quasi obbligatoria): "si credono assolti, ma sono per sempre coinvolti".

venerdì 5 novembre 2010

Mr. Clinton racconta favole sul "processo di pace" dalle colonne del NY Times



In un articolo pubblicato sulle pagine del New York Times l'ex presidente usa Bill Clinton mette a frutto l'eloquenza esercitata negli anni di conferenze e letture pagate profumatissimamente e tesse, con una sapiente mescolanza di pietismo, anedottica e gusto teatrale quello che dovrebbe leggersi come un "commosso e commovente" panegirico di Ytzhak Rabin, l'ex primo ministro israeliano assassinato da un Ebreo fondamentalista per aver firmato con Arafat gli "Accordi di Oslo", ma che in realtà, a una lettura informata e disincantata, si rivela come l'ennesimo inutile tentativo, da parte americana, di rivitalizzare l'agonizzante "Processo di pace" centrato attorno al dialogo Abbas-Netanyahu.

In tutta la sua retorica rievocatrice Clinton non si ferma mai a ricordare al lettore che il capo di Fatah Mahmoud Abbas non ha ALCUN TITOLO per condurre trattative a nome dei Palestinesi ESSENDO IL SUO MANDATO PRESIDENZIALE SCADUTO DA OLTRE VENTIDUE MESI. Abbas è semplicemente "l'uomo forte" di una fazione politica (Fatah), che ha ignominiosamente perso le libere e democratiche elezioni tenutesi nel 2006 in tutta la Palestina, non ha accettato la spartizione del potere con Hamas e il governo da esso espresso e ha tentato di rovesciare il voto con il fallito colpo di stato del 2007.

Si questi fatti fondamentali ed essenziali per capire "perché" il processo di dialogo e trattativa che dovrebbe portare alla costituzione del fantomatico 'Stato palestinese' non vi é traccia nella narrativa clintoniana; va da sé quanto la sua lettura sia utile a formarsi una corretta idea dei passi che sarebbero necessari per portare la pace e la stabilità nella regione.

Il discorso di Clinton, la cui moglie, seduta sullo scranno del ministero degli esteri del governo Obama, non si lascia sfuggire occasione per rinsaldare i legami con gli esponenti della lobby sionista in attesa di usarne l'influenza per fare le scarpe ad Obama in sede di "nomination" per le presidenziali del 2012, si lascia andare ad apprezzamenti calorosi e bonari nei confronti di assassini come Netanyahu, l'esecutore del progetto di apartheid e pulizia etnica sognato dai rappresentanti dell'ultradestra religiosa, Ehud Olmert, il boia di Beirut e di Gaza, che scatenava Tsahal contro i civili ogni volta che perdeva un punto di popolarità rispetto ai likudnik e infine di Barak, il laburista ex-capo del Governo che oggi sostiene il Governo-monstre di Netanyahu (likudnik conservatori, razzisti dell'ultradestra e laburisti).
Democrazia "opzionale" per la Palestina. Abbas viene mantenuto al potere con l'approvazione e i soldi dell'occidente perché é noto a tutti che nuove elezioni confermerebbero il supporto della popolazione ad Hamas.
Il Governo israeliano passa leggi razziste e discriminatorie, i coloni ebrei dell'ultradestra religiosa tengono marce provocatorie e attaccano i Palestinesi in ogni dove, rubando loro la terra e distruggendo i loro luoghi di culto, le forze armate di Israele bersagliano i Palestinesi con la consueta impunità e, in tutto questo, una cricca di 'cacicchi' che disonora e infanga la memoria e l'eredità politica e umana di Yasser Arafat viene coccolata e vezzeggiata dall'occidente imbelle e ipocrita, che la foraggia copiosamente di fondi (su cui non viene esercitato nessun controllo e richiesta nessuna accontabilità) e, prima o poi, le chiederà persino di rifiutare "ufficialmente" l'innegoziabile "Diritto al Ritorno" (nonostante il monito che le associazioni di profughi palestinesi hanno recentemente lanciato in merito).

In realtà solo da un riavvicinamento fra Fatah e Hamas, come quello che si spera possa nascere dai prossimi colloqui di Damasco) potrebbe iniziare a prospettarsi un clima favorevole per il decollo di una trattativa con Israele; ma, qualora anche si arrivasse a quel punto, sarebbe necessario un onesto e imparziale brokeraggio della trattativa stessa da parte usa, con incentivi e dissuasioni nette e insindacabili verso Israele per farlo desistere da pratiche duplici e disoneste come quelle tenute finora nel corso dei "colloqui" con l'azzoppato e screditato Abbas.

L'Iran arresta quattro terroristi curdi pagati dall'Inghilterra

Uomini del Vevak, il "Ministero dell'Intelligence e della Sicurezza nazionale", la più importante agenzia di controspionaggio iraniana, hanno arrestato poche ore fa un commando di quattro uomini che, per conto di una organizzazione curda con ramificazioni nel Regno Unito (e finanziata dal Governo di Sua Maestà), avrebbero commesso cinque omicidi "mirati" negli ultimi ventiquattro mesi e ne stavano progettando altri. L'operazione ha avuto luogo nella città di Mariwan, nell'Iran nordoccidentale (al confine col Caucaso) e si sarebbe conclusa senza spargimento di sangue e con la cattura dei quattro terroristi.

I quattro killer sarebbero, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa cinese Xinhua si chiamerebbero: Majid Bakhtiar, Hajeer Ebrahimi, Loqman Moradi e Zanyar Moradi e sarebbero stati assoldati dal "Komalah", un gruppo politico curdo attivo nell'Irak del nord. Sarebbero stati reclutati da Jalil Fattahi, esponente del gruppo che risiede in Gran Bretagna e che é accreditato di conoscenze ed appoggi nella comunità dei servizi segreti inglesi.

Il Governo di coalizione al potere nel Regno Unito si è affrettato a smentire, definendo, per bocca di un suo sottosegretario, l'addebito come una "infondata maldicenza" e ribadendo che "La Gran Bretagna non sostiene o incoraggia il terrorismo, in Iran o altrove".

Peccato che, pochi giorni addietro, ci aveva preventivamente pensato il capo degli "007" del MI6, il baronetto John Sawers, a smentire le parole del povero sottosegretario, ribadendo la "necessità" di condurre "operazioni non convenzionali" per impedire alla Repubblica Iraniana di dotarsi di tecnologie nucleari.

Una vera uscita degna di uno sketch dei Monty Phyton, possibilmente quello sulla gara per il più grande "Upper class twit" dell'anno.

Hezbollah si attrezza contro nemici interni ed esterni (Parte 1)


Hezbollah, il popolare movimento politico nato nella comunità sciita libanese come reazione alle violenze degli occupanti israeliani negli anni '80 (ma ormai sostenuto anche da altre sette e minoranze del variegato mosaico etnico/religioso che chiamiamo Libano), si trova a un bivio; davanti a lui, da ambo le parti, lo attendono sfide diverse e molto impegnative e non é detto che, qualunque strada scelga di percorrere il movimento di Nasrallah, in definitiva non debba trovarsi ad affrontarle entrambe.

Da una parte, infatti, lo attende l'insidioso tranello del "Tribunale speciale sul Libano", lo strumento appositamente "cucinato" da Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita ed emirati sunniti del Golfo per contrastare la crescente popolarità del partito di resistenza sciita (addossandogli la colpa dell'attentato che uccise l'ex primo ministro Rafiq Hariri); dall'altro lato, addirittura, si profila la possibilità di un nuovo confronto armato con Israele, questa volta gravato da nuove minacce interne, che potrebbero far riprecipitare l'intero Libano nel vortice insanguinato della guerra civile.
Cratere lasciato dall'ordigno che ha ucciso Hariri. La profondità dello stesso lascia intendere che l'ex politico libanese sia stato ucciso con un'arma sganciata da un aereo, probabilmente israeliano.
Rafiq Hariri, come si ricorderà, venne ucciso da una bomba o un missile nel febbraio 2005, mesi dopo essersi dimesso dalla carica che aveva ricoperto per la seconda volta tra il 2000 e il 2004 (il primo Governo lo aveva guidato tra il 1992 e il 1998). davanti all'hotel Saint George, nel centro di Beirut. La sua morte diede la stura a un rapido mulinello di cambiamenti politici che videro la definitiva partenza delle ultime truppe siriane che stazionavano in Libano (una presenza che aveva avuto inizio nel 1975), ma che, infine, rafforzarono proprio l'ala filosiriana dell'arco politico libanese (di cui Hezbollah fa parte, insieme ad Amal, al Partito socialista della nazione siriana e al Partito democratico libanese), visto che, terminato il ritiro, l'occupazione da parte di Israele di porzioni di territorio libanese diventava ancora più ingiustificabile (la scusa israeliana era che le Shebaa Farms erano un 'bilanciamento' per la presenza di armati siriani nel paese).
Nel Luglio 2010 una cellula di spie israeliane in Libano é stata smantellata con oltre 70 arresti. Alcuni agenti erano attivi nel Paese dei cedri fin dal 1984.
Il fallimento della maldestra manovra, nella quale si può riconoscere il "modus operandi" della CIA e delle sue "rivoluzioni colorate" ('rivoluzione arancione' in Ucraina, 'rivoluzione delle rose' in Georgia, tentata 'rivoluzione verde' in Iran), con tanto di operazione sotto falsa bandiera con vittima eccellente da trasformare in martire, fece quindi volgere i burattinai americani e israeliani verso l'opzione militare, la maniera "forte" (dove invece l'assassinio di Hariri doveva essere la maniera "dolce" di marginalizzare la maggioranza anti-israeliana e filo-siriana nella rappresentanza politica e governativa del paese); il risultato fu il duro conflitto del 2006, che tuttavia si concluse con la sconfitta dell'aggressore israeliano: la guerra iniziata per 'distruggere Hezbollah' si concludeva con Hezbollah ancora attivo e operante e, soprattutto, gratificato di una popolarità enorme non solo nel mondo sciita, ma in tutta l'area araba e musulmana.

Da allora, prosegue le sue inchieste il "Tribunale speciale per il Libano", che, pezzo dopo pezzo, mentre Hezbollah era impegnato ad aiutare le popolazioni del sud del Libano colpite dall'aggressione israeliana e ricostruire la sua ala militare (sola garanzia contro nuovi e più feroci attacchi sionisti) é stato lentamente trasformato in un nuovo mezzo di offensiva "morbida" contro il partito sciita e i suoi alleati...probabilmente dalle stesse mani che hanno armato la bomba contro Hariri; le stesse mani che hanno importato il suo SUV da Sharjah, negli Emirati Arabi (uno stato notoriamente nemico degli sciiti e allineato con gli Usa).

Tali disonesti maneggi sono ormai evidenti all'opinione pubblica libanese che, secondo un sondaggio del quotidiano As-Safir si é espressa secondo le seguenti percentuali: al 60% in favore dell'idea che il Tribunale sia parziale e politicizzato, in un altro quesito il 43% del campione ha espresso il desiderio che i dossier del Tribunale siano cancellati e che venga indetta una nuova inchiesta e, a una terza domanda, oltre il quaranta per cento degli intervistati ha dichiarato di essere certo che Hariri sia stato ucciso dalla CIA, in eventuale cooperazione col Mossad.



Per ora Hezbollah sta resistendo alle invadenti richieste degli "investigatori" del tribunale in maniera pacifica e passiva, rifiutando di cooperare con un organismo che cerca in ogni modo di provare suoi presunti collegamenti con un presunto "attentato tramite autobomba" e invitando tutti i Libanesi che amano l'indipendenza della loro nazione a fare altrettanto, ma non é detto che in un prossimo futuro la situazione non si evolva verso un confronto diretto.



Già nel recente passato le forze filo-Usa e anti-siriane hanno provato a danneggiare l'immagine di Hezbollah attaccando le sue strutture o i suoi uomini e poi cercando di stigmatizzarne la reazione, come nel caso degli scontri del 2008. In un paese duramente provato da quindici anni di guerra civile il ricorso alla violenza politica potrebbe essere devastante e danneggiare per sempre la popolarità accumulata da Hezbollah per la sua vittoria contro Israele, ma finora tutti i tentativi di indurre Nasrallah alla forza sono stati vani e il partito sciita continua a essere al centro del complesso palcoscenico libanese, in attesa, forse di misurarsi con il nemico di sempre...(FINE PRIMA PARTE, il reportage CONTINUA in un ALTRO POST).

giovedì 4 novembre 2010

I bambini di Gaza soffrono di traumi e incubi dopo il "pogrom" sionista

La lotta per il futuro della Palestina e dei Palestinesi si combatte, anche, nel web e all'interno dell'infosfera; questo é uno dei motivi per i quali Palaestina Felix é stato pensato, progettato e varato. Se i diritti dei Palestinesi si difendessero solo nelle strade di Nablus, Hebron, Gaza e Gerusalemme un blog come questo sarebbe utile soltato a rendere la cronaca di quegli avvenimenti, ma, al contrario, i compilatori, redattori e traduttori di questo blog pensano che quella sia solo una parte dei loro compiti e, forse, nell'epoca della Rete e del Villaggio globale, nemmeno la più essenziale e importante.

Esiste una vera e propria guerra, il cui campo di battaglia sono le menti e i cuori di dozzine di milioni di persone che non hanno mai visto le macerie di un bombardamento sionista, non hanno mai ascoltato le grida e i pianti dei bambini resi orfani o mutilati dai "pogrom" militari di Tsahal, che non hanno mai inalato i gas stordenti e urticanti usati dagli "aguzzini più morali del mondo" e non hanno mai sentito l'impatto dei loro proiettili di plastica sulle proprie membra, e che tuttavia possono rivelarsi importantissimi (per non dire fondamentali) nel determinare il fato finale della Palestina: devastata dall'aggressione di Israele, occupata per sempre dai suoi coloni fondamentalisti, oppure vivificata da una vera ed efficace democrazia, dove ogni arabo, ebreo, druso, armeno, samaritano e alawita possa vivere in pace con i suoi vicini.

Queste persone formano le opinioni pubbliche dei vari paesi occidentali. La canaglia della lobby filosionista ha spesso facile gioco ad ammannire loro menzogne e distorsioni: del resto i paesi occidentali sono paesi capitalisti e 'sviluppati' (nel senso che ai loro abitanti viene consentito di sprecare molto denaro in beni di consumo costruiti con le risorse sottratte al Terzo Mondo) e anche Israele lo é, i paesi occidentali (per la maggior parte) hanno sacrificato le loro peculiarità storiche e culturali alla religione del benessere di stampo anglosassone e americano, e anche Israele propugna tale religione (per i suoi cittadini ebrei, per gli arabi ovviamente c'é l'apartheid, il bantustan e il manganello), nei paesi occidentali, infine, le "masse" ricevono le informazioni sul mondo circostante da giornali e televisioni, e Israele, o personaggi vicini e collegati con Israele, controllano la stragrande maggioranza di quelle televisioni e di quei giornali, riuscendo così, col solo "peso specifico" degli outlet a loro asserviti a dettare la loro "agenda" anche a quei mezzi di comunicazione non direttamente sotto la loro stretta.

Una delle più famose "polpette avvelenate" lanciate al pubblico occidentale dai media filosionisti é stata, senza alcun dubbio, la saga del "Topolino di Hamas" che, partita da un piccolo e marginale sito web pro-israele il cosiddetto (Istituto di analisi dei media del Medio Oriente...Memri), ha fatto rapidamente il giro del mondo, apparendo sulle edizioni principali e sulle prime pagine e homepage dei telegiornali della CNN, della BBC, dei quotidiani della Associated Press e così via.

La "polpetta", poi, era particolarmente scarna: un semplice filmato registrato da una trasmissione per bambini emessa dalla televisione di Hamas (qualche tempo dopo la sua vittoria nelle elezioni palestinesi del 2006) in cui un presentatore in un costume 'plushy' leggermente somigliante al topolino disneyano (il cui nome veniva riportato come 'Farfour' o 'Farfur') poneva delle domande a un gruppo di bambini.

MEMRI, per venire incontro alle esigenze di tutti coloro che "non parlavano né capivano l'arabo" aveva provvisto una traduzione sovrimpressa del presunto scambio di battute che, pur molto smorzato, era tuttavia udibile in sottofondo; grande fu la costernazione del pubblico occidentale nel leggere quei sottotitoli! Il "topolino" del movimento di resistenza musulmano invitava i bambini a sparare, a uccidere "gli ebrei", a vestire giubbe esplosive, a diventare "attentatori suicidi"!!!

I media statunitensi, perennemente affamati di semplificazioni buffonesche, andarono a nozze col filmato. Questo stupido e superficiale "cartoon" ne é la prova.

Ma...era vero?

Ovviamente...no!!

Ovviamente no, come ogni volta che si ha a che fare con la rozza, disingenua e maldestra propaganda sionista; fidando nel fatto che PRESSOCHE' NESSUNO in 'occidente' parli arabo, i redattori di Memri avevano esagerato qui e là il tono del dialogo fra "topolino" e i suoi piccoli ospiti, in altri punti, addirittura, aveva bellamente inventato alcune frasi (le più violente e incriminanti).



Esempio dei sottotitoli di MEMRI

Presentatore: "Che cosa faremo per difendere Al-Aqsa?" "Io sparerò" (la seconda frase non corrisponde ad alcun suono emesso dal presentatore, ma si avvantaggia del basso volume del parlato e di un gesto che potrebbe essere interpretato come il mimare un fucile imbracciato).

Bambina#1: "Anche io sparerò" (Nel parlato arabo, e nel labiale della bambina si sente/vede chiaramente che dice: "Io farò un disegno", complimenti Memri, traduzione ineccepibile!)

Presentatore: "Resisteremo per Al-Aqsa?"

Bambina#1: "Sì, combatteremo" (Nel parlato la bambina dice: 'bidna nqawim' cioé 'resisteremo', ma Memri ci gratifica di un sottotitolo più aggressivo, 'combatteremo', per insegnarci che tutti i Palestinesi sono belve feroci fin da piccoli, che non vogliono altro che combattere e uccidere...)

Presentatore: "Che cosa faremo, allora, se verremo attaccati?"

Bambina#2: "Annienteremo gli ebrei" (Nel parlato arabo, si sente piuttosto chiaramente che la frase non è attiva ma passiva -bitokhoona al-yahud-, quindi: "Gli ebrei (ci) annienteranno/ci uccideranno")

Presentatore: "Che faremo, se Al-Aqsa verrà attaccata?"

Bambina#2: "Commetteremo martirio" (Inteso nel senso di "ci faremo esplodere", mentre nel parlato la bambina dice chiaramente: "DIVENTEREMO martiri", nel senso, verremo uccisi senza poterci difendere).

Questa rievocazione è importante se messa in prospettiva e confrontata col nostro recente articolo sul tentativo sionista di "disumanizzare" i Palestinesi, in maniera da sopire ogni remora morale o "rischio" di empatia emotiva del pubblico occidentale con essi. Una volta presentato il popolo di Palestina come una "mandria" indistinta di bizzarri animali scuri, con costumi assurdi e barbari, che indottrina i propri bambini alla violenza fin da piccoli, il bravo occidentale li eviterà come la peste e si identificherà semmai col moderno e 'bianco' israeliano che, dotato di tutte le armi più sofisticate e tecnologiche, li "tiene al loro posto".

Per smontare ulteriormente la vulgata filosionista e anti-Araba/anti-Palestinese, testimonianze video come quella riportata in embed qui sotto sono utilissime, di valore pressoché incalcolabile. Nel breve video si possono vedere bambini di Gaza, sopravvissuti senza ferite fisiche al brutale assalto militare condotto poco meno di due anni fa sulla Striscia dalle truppe sioniste, giocare insieme a genitori ed educatori in un piccolo parco attrezzato con tappeti elastici, scivoli, piscine e tutti quegli altri semplici attrezzi che hanno il potere di evocare divertimento e buonumore in tutti i bambini di ogni popolo e ogni razza.



Ma il momento di gioco non é solamente ricreazione e svago, é anche terapia, visto che quasi la metà dei bambini e dei ragazzi di Gaza non ha potuto evitare di sviluppare qualche sintomo di PTSD dopo l'allucinante esperienza del "pogrom".
PTSD e il "Disordine da esaurimento post-trauma", descrizione moderna e aggiornata del vecchio "Shock da esplosione" di cui soffrivano i soldati della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, e di cui soffrono ancora oggi i veterani del Vietnam, dell'Irak, dell'Afghanistan.

Illuminanti sono le parole di Abdel Aziz Thabet, psicologo infantile del "Centro palestinese di terapia del trauma" che ai microfoni di Al-Jazeera narra: "Dopo la fine delle incursioni e dei bombardamenti, tutti i bambini che venivano da me dicevano: 'voglio diventare un guerriero', 'voglio diventare un soldato', 'voglio che agli israeliani succeda quel che é successo a me', dobbiamo NORMALIZZARE questi bambini palestinesi, NORMALIZZARLI perché possano vivere come tutti gli altri bambini del mondo".

Se le menzogne spudorate della canea filosionista fossero vere, a Gaza Hamas dovrebbe avere dei veri e propri "centri di indottrinamento" per capitalizzare sullo shock e sui traumi subiti da questi bambini e ragazzi...invece il legittimo Governo palestinese espresso da Hamas dà al professor Thabet i fondi e i mezzi per NORMALIZZARE le menti provate dalla violenza israeliana, normalizzarle e dare loro una speranza di pace.