martedì 25 ottobre 2011

Centomila donne si mobilitano in Turchia per rivendicare il diritto di indossare il velo anche negli uffici pubblici!


Oltre centomila persone, in stragrande maggioranza donne e ragazze, si sono mobilitate a Diyarbakir, nel Sudest della Turchia, per protestare contro il divieto di indossare veli negli edifici pubblici, lascito della datata e superata Costituzione 'laicista' imposta al paese dopo la fine del Sultanato e la trasformazione della Turchia in Repubblica. Adesso quella norma, una vera e propria violenza alla Storia e alla Cultura turche, potrà venire finalmente abrogata, con la scrittura di una nuova Carta costituzionale, che costituirà il più grande obiettivo di politica interna del terzo Governo Erdogan, andato al potere con la sonora vittoria a maggioranza assoluta nelle elezioni di questo giugno.

Una manifestazione tanto imponente in una città relativamente piccola dimostra quanto per le donne turche sia importante rivendicare la libertà di aderire ai dettami della loro fede religiosa, un deciso contrasto con quei paesi dove leggi razziste e xenofobe mirate appositamente contro le minoranze musulmane impongono divieti simili od omologhi e dove la propaganda consumista, araldo della disperazione morale dell'Occidente, fa passare come augurabili e imitabili modelli di comportamento sempre più disordinato.

Il raduno e la marcia di Diyarbakar sono stati organizzati da enti non governativi e non politici; una federazione di associazioni culturali e della società civile che ritengono importante dare un "Alt" una volta per tutte all'insensato 'laicismo di stato' che per decenni, sotto l'egida dei militari asserviti alla Nato e agli Usa, o sotto governi nominalmente indipendenti ma in realtà sempre tenuti alla catena dai generali (come quello di Bulent Ecevit) ha preteso di snaturare la Turchia 'per decreto' e 'per editto'.
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Saleh Al-Aruri dichiara: "Il regime sionista ha fatto un madornale errore esiliando alcuni dei prigionieri liberati!"


L'ufficiale di Hamas incaricato della questione dei Prigionieri politici, Saleh al-Aruri ha dichiarato che la "proterva e ostinata" insistenza del regime sionista per mandare in esilio alcuni degli oltre mille detenuti politici recentemente liberati "si trasformerà in un boomerang che lo colpirà quando meno se lo aspetta; l'esilio infatti non può spezzare la determinazione dei nostri combattenti, anzi, ricorderà loro ogni momento di impegnarsi alla ripresa delle attività di Resistenza, mentre, se fossero stati fatti tornare a casa, circondati dall'affetto di parenti, amici, familiari, forse la loro determinazione avrebbe potuto indebolirsi".

Aruri ha sottolineato che la seconda parte della liberazione dei prigionieri includerà quasi esclusivamente detenuti in 'carcerazione amministrativa' che rientreranno alle loro case direttamente, senza alcuno strascico o conseguenza. In un incidente correlato il tabloid sensazionalistico 'Maariv' ha dichiarato nella sua edizione di ieri che la totalità dei liberati nella prima parte dello scambio hanno rifiutato di firmare un'impegnativa proposta loro dalle autorità sioniste con la quale avrebbero promesso di non tornare ad attività di Resistenza in cambio di vari benefit economici e legali.

Poche ore dopo avere riunito i prigionieri liberandi ufficiali dello Shin Bet, la polizia politica del regime sionista, avrebbero proposto questi documenti ai Palestinesi, che, in blocco, li hanno rifiutati sdegnosamente, increduli che venisse loro chiesto di rinunciare alla lotta per la Causa nazionale palestinese in nome di qualche denaro e qualche privilegio burocratico.

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Aggiornato al Cairo il processo a Zakaria Azmi, collaboratore numero uno di Mubarak!



La Corte criminale del Cairo ha annunciato nella giornata di ieri che il processo all'ex capo del Protocollo di Hosni Mubarak, Zakaria Azmi, verrà spostato al 27 novembre, per consentire ulteriori indagini e la produzione di nuove prove anche a carico della di lui moglie, Bahia Halawa. La Corte ha ritenuto che le risultanze di circa quattro mesi di indagine richiedano ulteriori verifiche e approfondimenti visto che sedici settimane di inchiesta hanno letteralmente scoperchiato un calderone di corruzione e atti illeciti di cui letteralmente non si vede la fine.

Azmi é stato arrestato dopo 22 anni passati a rivestire la posizione di capo del Protocollo e cerimoniere ufficiale di Mubarak; secondo i pubblici ministeri egli avrebbe sfruttato la propria posizione per ammassare una vasta fortuna (circa 5 milioni di Euro) attraverso la sistematica richiesta di tangenti e bustarelle a chiunque avesse necessità di avvicinare il circolo del Presidente/Dittatore Mubarak. L'Authority sui Guadagni Illeciti, istituita dopo la Rivoluzione di Piazza Tahrir, ha congelato tutti i beni di Azmi appena emersero i primi addebiti verso di lui.

Maher Hafnawy della pubblica accusa ha dichiarato a PressTV che numerosi nuovi filoni d'indagine dovranno essere aperti nei confronti dei familiari di Azmi, i quali, chi più chi meno, secondo le loro possibilità, ne imitavano le azioni. Primi fra tutti in questa emulazione sarebbero stati la consorte Bahia Halawa e il fratello di lei Gamal Halawa.
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Il Presidente del Parlamento iraniano si congratula con l'Ennahda per la brillante prova elettorale!


Il Presidente dei Majlis (parlamentari) della Repubblica islamica dell'Iran Ali Larijani si é congratulato con il popolo tunisino per i risultati delle prime elezioni democratiche nella Storia del paese, che hanno registrato un'importante affermazione del partito del Rinascimento Musulmano, formazione ispirata all'Islam politico che il dittatore Ben Ali aveva messo fuori legge, costringendo il leader storico Rachid Ghannouchi a vivere in ventennale esilio a Londra.

Larijani nel messaggio ai tunisini ha notato come l'entusiasmo della popolazione nei confronti dell'Ennahda ha confermato che il futuro del paese sta nella vicinanza alla sua Storia e alla sua Cultura, che non é stata intaccata da pochi decenni di dispotismo filo occidentale esercitato prima da Bourghiba e poi da Ben Ali. Più ai popoli arabi e mediorientali viene concesso di esprimersi liberamente e più essi riaffermano il loro attaccamento alle loro radici, che non bastano i decreti e gli editti di pochi tiranni a recidere o inaridire.

Oltre che la stesura della nuova Costituzione all'Assemblea eletta oggi verrà demandato il compito di nominare un nuovo Governo ad interim, che gestirà l'amministrazione corrente degli affari di stato fino alla promulgazione della nuova Carta; a quel punto si indiranno nuove elezioni in linea con la legge elettorale che sarà stata stilata. Solo a quel punto la transizione dalla dittatura alla Democrazia sarà finalmente completata.
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"Abbas si incontrava di nascosto con Peres, all'insaputa di Arafat", dal passato spunta un nuovo "Fatahgate"?


Media sionisti hanno rivelato domenica scorsa l'esistenza di un 'documento segreto', costituito da varie minute di appunti apparentemente gettate durante una serie di incontri segreti avvenuti anni fa tra il criminale di guerra Shimon Peres (all'epoca Ministro degli Esteri del Governo Sharon) e Mahmoud Abbas, attualmente capo di Fatah, ma allora vice di Yasser Arafat e Primo Ministro dell'Anp.

Il tabloid della sera Yedioth Ahronot, pubblicandole, asserisce che, provando che l'attuale presidente de facto dell'Anp e capo di Fatah (per successione proprio dalla morte di Arafat) si incontrasse segeretamente con esponenti di spicco dell'esecutivo di Ariel Sharon, si evince che la svolta collaborazionista di Abbas era già in gestazione ben prima della scomparsa del leader storico dell'OLP.
Una delle minute "incriminate".
I documenti affermerebbero anche le paure di Abbas riguardo la possibilità che i suoi contatti con il Governo sionista fossero scoperti, che lo portavano addirittura a temere per la sua vita: "Se queste riunioni venissero rivelate al pubblico, posso anche considerarmi morto". Non solo, ma persino le 'eccessive' lodi tributategli da Israele lo preoccupavano: "Dovreste smetterla di farmi tanti complimenti in pubblico, la mia popolarità interna ne sta risentendo".

Abbas avrebbe anche bussato a denari presso gli Usa, promettendo un trattamento di favore nei confronti di Israele, una volta che fosse succeduto ad Arafat.
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Tunisia: il trionfo dell'Ennahda, il partito musulmano di Ghannouchi avrebbe almeno il 50 per cento!



I risultati precisi saranno comunicati solo durante la giornata, ma, tra proiezioni e spogli parziali sembra che il Partito del Rinascimento, la formazione guidata da Rachid Ghannouchi (nella foto ritratto subito dopo aver deposto nell'urna la propria scheda, col dito macchiato di inchiostro persistente) avrebbe superato le pur rosee previsioni che lo accreditavano del 40 per cento dei voti, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi all'Assemblea Costituente.

Debacle totale del PDP, il partito progressista democratico che ha pagato l'associazione col regime di Ben Ali (era infatti l'unica formazione politica di cui il dittatore permettesse l'esistenza ufficiale oltre alla sua, in modo da usarla come "foglia di fico" per pretendere che nel paese esistesse una 'opposizione politica'); la formazione di Maya Jribi ha già riconosciuto il trend e promesso di rispettare la libera volontà dei cittadini, sperando che comunque l'Ennahda cerchi 'larghe intese' alla Costituente per poter redigere un documento il più condiviso possibile.

Si é registrato un piccolo incidente subito dopo il voto del leader dell'Ennahda Rachid Ghannouchi che, uscendo con la famiglia dalla sezione elettorale, é stato avvicinato da alcuni sostenitori di partiti avversari che lo hanno insultato; le forze dell'ordine presenti si sono interposte e hanno disperso le persone vocianti, evitando che la cosa avesse seguito. Rachid Ghannouchi ha passato vent'anni in esilio (dal 1991 a questa primavera) nel periodo in cui il suo partito era stato dichiarato illegale e sciolto con la forza dal regime di Ben Ali.
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lunedì 24 ottobre 2011

I militari sionisti lanciano l'allarme: "Abbas é indebolito dalla vittoria di Hamas, dobbiamo aiutarlo", ma Netanyahu fa orecchio da mercante!


Più passa il tempo e più Israele assomiglia alla Germania Nazista, dove militari con idee chiare e realistiche erano sottoposti a leader politici ideologizzati, fanatici, che vivevano fuori dalla realtà; a quanto riportano fonti libanesi, infatti, il Comando supremo dell'IDF é convinto che la posizione di Mahmud Abbas, presidente de facto dell'Anp e leader di Fatah sia ai minimi storici di popolarità, dopo un breve guizzo all'insù nel gradimento presso la popolazione cisgiordana (sotto l'arbitrio della fazione di Abu Mazen dal 2007, in seguito al tentativo di golpe contro il Governo legittimo di Hamas), registratosi a settembre con l'istanza del riconoscimento ONU, ci ha pensato il 'coup de theatre' dell'accordo tra Hamas e Tel Aviv per la liberazione oltre mille prigionieri politici a far precipitare le quotazioni del baffuto 'successore' di Arafat.

I militari quindi hanno iniziato a fare pressioni sul Governo affinché, per risollevare un po' la stella di Abbas e garantire un suo ruolo anche futuro nella politica interna palestinese (che molto farebbe comodo ai sionisti, vista la disponibilità di quest'ultimo a collaborare con l'occupazione trasformando i militanti di Fatah nei suoi 'gendarmi indigeni'), si acconsenta a liberare più dei 550 detenuti pattuiti nelle trattative con Hamas, aggiungendo nomi di altri membri di Fatah alla lista.

I prigionieri liberati finora, nella prima fase degli scambi, appartenevano sia ad Hamas che a Fatah, ma vi era una prevalenza dei primi rispetto ai secondi; tra i 550 liberandi, invece, i nomi di appartenenti ad Al-Fatah sono leggermente preponderanti; "aumentiamoli ancora", ragionano i militari di Sion (che stupidi non sono) "e di riflesso un po' di prestigio cadrà anche sul leader di Ramallah". Ma sembra che da quell'orecchio Netanyahu, Barak e Lieberman proprio non vogliano sentirci; soprattutto sembra che siano inferociti verso il Premier proprio i Ministri della Guerra e degli Esteri, che gli rimproverano di avere 'ceduto' all'organizzazione che si rifiuta di "riconoscere Israele" e di abbandonare la lotta armata.

Un'altra proposta, poi, sarebbe quella di far passare certe zone della West Bank dal grado di sicurezza 'B' (che prevede controllo civile palestinese sotto sicurezza militare israeliana) ad 'A' (totale controllo palestinese, civile e militare); riusciranno i militari ad avere la meglio sui politici estremisti che detengono le leve del potere? E basterà qualche dozzina di prigionieri liberati o la transizione di qualche ettaro di terra da una definizione di 'bantustan' a un'altra a rinvigorire lo spompato prestigio politico di Abbas?
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L'Iran invierà un comitato d'inchiesta in Libia, per appurare il fato di Imam Mousa Sadr!


Javad Karim Qoddousi, membro del Comitato parlamentare per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera ha dichiarato nella giornata di ieri che, con la morte di Gheddafi e la caduta delle sue ultime roccaforti di resistenza nel paese, il progetto del Parlamento di inviare il Sotto-comitato investigativo in Libia per accertare il fato di Imam Mousa Sadr é confermato ma attenderà di venire messo in pratica non appena il Consiglio Nazionale di Transizione potrà garantire la sicurezza e la tranquillità operativa necessarie a questa missione.

"Il Ministero degli Esteri é intimamente convinto della necessità di appurare il prima possibile il fato di Imam Sadr; ovviamente ciò dovrà temporaneamente attendere fino a quando non sarà possibile stabilire incontri ufficiali con il CNT, in una atmosfera di stabilità e pace", si legge in un comunicato stampa ufficiale rilasciato dalle autorità parlamentari iraniane.

Sadr, iraniano di nascita ma trasferitosi in Libano, é stata una figura fondamentale nella fondazione del Movimento Amal, forza politica centrale nell'attuale panorama dei partiti e dei movimenti libanesi, attualmente impegnato nel governo del paese come membro dell'Alleanza 8 marzo, e scomparve letteralmente il 31 agosto 1978 mentre si trovava in visita ufficiale a Tripoli insieme a Mohammed Yakoub e Abbas Badreddin. Nonostante le affermazioni di parte libica riguardo all'avvenuta partenza dei tre su un volo internazionale sia il Libano che l'Iran hanno sempre ritenuto Gheddafi e il suo regime responsabili per la loro sparizione.

Con la caduta di Gheddafi si conta, negli archivi dei suoi servizi segreti, di trovare prove certe del fato toccato ai tre.
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