lunedì 7 marzo 2011

Mentre Roger Waters si schiera contro il Muro dell'Apartheid i media italiani cascano in pieno nelle trappole dell'Hasbara sionista!



Sobrio, rispettoso, consapevole, così si può definire lo stile e l'atteggiamento dell'artista britannico Roger Waters, l'indimenticabile bassista e voce dei Pink Floyd, mente creativa dietro alcuni dei brani più iconici e famosi dei signori della psichedelia anni '70, nella sua apparizione davanti a Riz Khan dell'emittente qatariana Al-Jazeera, durante la quale, più che di musica, ha articolato la sua visione e la sua posizione contro le politiche segregatorie e razziste del regime dell'Apartheid sionista e, in particolare, contro la sua manifestazione più evidente e più "collegabile" con la sua carriera musicale: la barriera di separazione che circonda la Cisgiordania.

Più che mettersi "sotto il riflettore" in maniera ipocrita e autocelebratoria, come troppo spesso accade con le rockstar che abbracciano cause sociali per 'mostrarsi impegnate', Waters sposta da subito l'attenzione sull'importanza dei mezzi di comunicazione vecchi e nuovi (la musica, ma anche i social media basati sulla Rete) per costrurire "ponti" di comprensione e consapevolezza che possano in primo luogo scavalcare e in ultimo, sperabilmente, abbattere i muri, come vent'anni fa a Berlino così come, nel prossimo futuro, a Betlemme e Jenin e in tutta la West Bank.

Waters ha anche dichiarato il suo completo e convinto sostegno alla campagna di Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele come strumento fondamentale e insostituibile contro la permanenza e l'espansione della barriera dell'Apartheid; un concetto che dovrebbe venire inculcato nei cervellini di quei gazzettieri italioti che nelle ultime settimane hanno letteralmente 'fatto a gara' per cascare con tutte le scarpe nel tranello dell'Hasbara israeliana, i cui pianificatori ed esecutori hanno mandato in anvanscoperta nel 'Bel Paese' la vapida e superficiale cantante 'Noa' con un ridicolo LP di canzoni napuletane rimasticate a mo' di cover, per convincere i cultori della melodia partenopea che "gli israeliani sono proprio come noi" e anche loro sanno intonare "i' te vurria vasà" e l'immancabile "O sole mio".



L'operazione, tralasciati per amor di carità i suoi discutibilissimi 'valori' musicali, é un vero e proprio pugno in faccia al generoso sforzo di centinaia e centinaia di attivisti italiani amici della Palestina per diffondere anche nel nostro Paese la consapevolezza che Israele é un regime razzista e nemico della pace che va contrastato e combattuto in ogni modo, a partire prima di tutto dai suoi tentativi di rendersi 'palatabile' e 'simpatico' dal punto di vista culturale e turistico, visto che ogni copia del ridicolo disco di Noa fornirà nuovi proiettili ai cecchini che fanno il tiro al bersaglio contro i bambini di Gaza, nuovi candelotti di gas CS da sparare in faccia ai pacifici manifestanti di Bilin e, se venduto in abbastanza copie, persino qualche nuovo canister di Napalm e di Fosforo Bianco da scaricare su scuole e ospedali in occasione del prossimo "pogrom" militare contro la Palestina o contro il Libano.


Un'altra volta ancora, l'Italia fa una ben magra figura, per gentile concessione del giornalaiame locale, fin troppo contento di strusciarsi e fare le fusa nel comodo, tiepido e ben foraggiato grembo dell'Hasbara filosionista.

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