martedì 4 ottobre 2011

A Bengasi si organizza il "Dopo Gheddafi", mentre Sirte si ostina a non cadere

Appena nominato un Governo ad interim per gestire la fase di transizione del paese dai postumi dell'insurrezione e della guerra civile ai primi passi di un nuovo corso, i leader del Consiglio Nazionale di Transizione che sembra ormai avere il controllo della Libia hanno affermato che in futuro la nazione sarà ordinata da leggi in sintonia con la cultura e la religione musulmana, e hanno anche annunciato le loro prossime dimissioni una volta che anche le ultime sacche di resistenza di lealisti del Colonnello fuggitivo saranno espugnate e ridotte all'impotenza.

Mustafa Abdel Jalil, (foto sotto) Capo del CNT, e Mahmoud Jibril (foto sopra), Capo del suo Ufficio Esecutivo, hanno rilasciato le dichiarazioni rilevanti nella giornata di ieri, durante una conferenza stampa congiunta, tenutasi nella città di Bengasi, centro e motore dell'insurrezione anti-Gheddafi, anziché nella capitale Tripoli, dove pure sono in pieno corso le attività necessarie a trasferirvi il centro del potere nazionale (per riaffermare anche con la locazione geografica la natura nazionale e legittima del nuovo esecutivo).

Mahmoud Jibril manterrà il suo ruolo, assumendo nel contempo l'interim degli Esteri, Ali al-Tarhouni continuerà a svolgere le funzioni di Ministro del Petrolio, Abdelraman al-Keissah assumerà il nuovo dicastero dei reduci feriti e mutilati dalla guerra civile, Hamza Abu Fas rimpiazzerà Salem al-Sheiki come Ministro degli Affari Religiosi.

Intanto dai fronti di battaglia arrivano notizie di piccole vittorie degli insorti, che sembrano voler nascondere la mancanza di progressi sui fronti principali; per l'ennesima volta in poche settimane il comando delle forze insorte dichiara che la caduta di Sirte e Bani Walid é 'questione di giorni, forse ore', annunciando nel contempo la presa del villaggio di Qasr Abu Hadi, notevole unicamente per il fatto che esso fu luogo natale di Muammar Gheddafi.

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Sondaggio d'opinione rivela che tre egiziani su quattro vorrebbero 'tagliare il gas' per sempre al regime sionista!


Secondo un sondaggio svolto su base nazionale da Synovate circa il 73 per cento dei cittadini egiziani ha dichiarato la propria assoluta e totale contrarietà a proseguire sotto qualunque forma le forniture di gas a Israele, solo il 9 per cento del campione statistico era di opinione contraria (favorevole quindi al proseguire le esportazioni) e il 12 per cento non ha azzardato un'opinione in merito.

Tanto nella fascia d'età dai 18 ai 25 che in quella dai 26 ai 35 le percentuali relative rimangono coerenti (72 percento i contrari tra i più giovani, 74 tra i più maturi); per gli Egiziani il fatto di dover esportare gas verso il regime ebraico ha sempre scatenato reazioni molto vibrate, esso infatti, fu uno dei punti più contesi tra le condizioni della cosiddetta 'Pace di Camp David' (in realtà una supina accettazione da parte di Sadat delle condizioni dettate da Tel Aviv e Washington), su cui Carter e Begin furono particolarmente adamantini.

In seguito alla capitolazione di Sadat quello che era stato il più grande avversario di Israele, l'Egitto, si trovò a fornire allo Stato dell'Apartheid quantità enormi di gas combustibile, peraltro svenduto a prezzi del tutto irrealistici, con grave danno per l'erario del Cairo. Laute 'bustarelle' distribuite da politici e uomini d'affari sionisti alla famiglia Mubarak, a ministri e sottosegretari energetici egiziani, garantivano la regolarità e il volume del flusso di metano attraverso i gasdotti del Sinai.

Secondo gli accordi rinnovati nel 2005 Tel Aviv si affidava all'Egitto per il 40 per cento del suo fabbisogno di metano. Da quando il flusso si é quasi del tutto smorzato, risultato della rivoluzione anti-Mubarak e degli attentati esplosivi dei beduini del Sinai contro le stazioni di pompaggio, Israele é stato costretto ad alzare vertiginosamente i prezzi delle bollette (contribuendo così a scatenare le proteste degli 'indignati') e ad aumentare lo sfruttamento dei giacimenti marini di metano, fino ad esaurire il pozzo di Yam Thetys.
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lunedì 3 ottobre 2011

'Doppie lealtà' sioniste. La spia israeliana Grapel si ricorda di avere -anche- passaporto Usa; la Lobby a Sei Punte obbliga Washington a corrergli in soccorso!

Ilan Grapel, vestito NON da 'marine' americano, ma bensì da milite dell'IDF sionista.
 Il problema delle doppie lealtà dei detentori di documenti israeliani (che quasi mai rinunciano a quelli dei loro originari paesi di provenienza) appare in tutta la sua gravità con i recenti sviluppi del 'Caso Grapel' che coinvolge un ebreo americano che, presa la cittadinanza dell'entità sionista di occupazione senza rinunciare a quella americana si é messo al servizio dello spionaggio di Tel Aviv, riuscendo, come un Maxwell Smart qualsiasi a farsi "pizzicare" in piena transizione post-Mubarak mentre incitava giovani egiziani a scatenare scontri e violenze con la promessa di denaro e altri aiuti.
Dubitiamo che Leon Panetta si sarebbe mobilitato per un 'paisà' del Jersey o di Brooklyn che avesse abbandonato il passaporto Usa per quello Italiano...
Prontamente denunciato alle autorità e arrestato Grapel é rimasto finora in custodia al Cairo e a nulla sono valsi i tentativi della diplomazia sionista di farlo rilasciare, approcci ai quali abbiamo già dedicato articoli precedenti; ora, mesi dopo la debacle del Mossad, sembra che la situazione sia sul punto di sciogliersi grazie all'inatteso intervento degli Usa, nella persona, nientepopodimeno, che del Segretario alla Difesa Leon Panetta.

Panetta si é mobilitato (su pressione della lobby a sei punte capitanata da AIPAC e affini) a esercitare pressioni su Tantawi e gli altri generali egiziani della Giunta di Transizione facendo notare come Grapel, 'israeliano' con documenti dell'occupazione, veterano dell'esercito sionista e parte integrante dello spionaggio di Tel Aviv, tuttavia è ANCHE cittadino Usa, non avendo mai forfettato la sua cittadinanza di nascita.
Nessun candidato a un governatorato, a un seggio da congressista o senatore e meno che mai alla poltrona presidenziale può sperare di venire eletto senza 'rendere omaggio' al Moloch sionista...nella 'terra delle libertà'...
Ora, che uno Stato possa esercitare un'influenza così evidente e sproporzionata in virtù di una prassi tanto bizzarra sulla concessione di doppia nazionalità e della presenza negli Usa di una quinta colonna di lobbisti formalmente cittadini americani ma in realtà in tutto e per tutto asserviti ai desideri e agli interessi israeliani (prima e sopra ogni considerazione delle convenienze e dei loro 'compatrioti' a stelle e strisce -ma loro non li considerano certamente tali-) é uno dei più lampanti esempi di come Israele tenga alla catena Casa Bianca, Congresso, Dipartimento di Stato, Pentagono e altri 'centri di potere' Usa, tutti perennemente genuflessi di fronte al 'Popolo Eletto', dentro e fuori dai confini nazionali.
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Parte in Tunisia la campagna elettorale per le consultazioni costituenti: appuntamento alle urne il 23 ottobre!


L'Assemblea Costituente Nazionale, che dovrà redigere il nuovo documento su cui si baserà lo Stato tunisino del Dopo-Ben-Ali, sarà eletta il 23 ottobre 2011, esattamente tra venti giorni. Dallo scorso week-end fino al 21 tutta la Tunisia sarà polarizzata dalla campagna elettorale, nella quale circa 80 tra listini, partiti, coalizioni e candidati indipendenti si daranno battaglia nelle 33 province del Paese per accaparrarsi uno o più dei 217 scranni nel consesso costituente.

Molto importante risulterà anche il voto dei tunisini all'estero, per conteggiare adeguatamente il quale sono state prese misure già in vigore (gli emigrati possono già votare presso le sedi diplomatiche e consolari, le loro schede saranno secretate e poi conteggiate insieme a quelle delle elezioni in patria). Una Alta Autorità Elettorale Indipendente é stata creata per supervisionare la regolarità delle operazioni di campagna elettorale, di voto e di scrutinio; questo corpo si interfaccerà con gli osservatori internazionali per garantire la natura trasparente e democratica della consultazione.
Ben Ali, il dittatore cacciato a gennaio 2011 dalla sollevazione popolare.
Secondo i dati degli ultimi censimenti ci sarebbero circa sette milioni di cittadini aventi diritto al voto e, vista la natura decisiva di questa consultazione per decretare forma e regole dello Stato che andrà a sostituire il corrotto regime di Ben Ali, c'é da credere che la percentuale di affluenza al voto sarà altissima. Come in molti altri paesi (tra cui l'Italia) sono previste 24 ore di 'Pausa di Riflessione' tra la fine della campagna elettorale e il giorno effettivo delle votazioni.
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Proteste e scontri in Arabia Saudita! Si infiammano nuovamente le province sciite sul Golfo Persico


Non sono bastate le ridicole "concessioni" sul voto amministrativo alle donne e lo show mediatico della 'grazia' alla donna al volante, infingimenti buoni per raggirare i boccaloni dei media occidentali, intrisi di pregiudizi razzisti e islamofobi, per disinnescare la voglia di riforme degli abitanti del governatorato di Qatif e di tutte le province orientali dell'Arabia Saudita, che sempre più decisamente sentono spirare il vento della "Primavera Araba" che porta i loro fratelli Yemeniti e Bahreini a scendere in piazza ormai da mesi nonostante stragi, torture e intimidazioni sostenute dallo stesso corrotto monarca che siede sul suo trono dorato a Riyadh.

Una improvvisa manifestazione si é tenuta nel villaggio di Awamiyah, popolato in maggioranza da Sciiti, come quasi tutta la parte orientale dell'Arabia Saudita (incidentalmente, proprio la più ricca di petrolio e la meno beneficiata dalla corrotta corte sunnita che ne depreda le ricchezze e poi ne dispone arbitrariamente secondo logiche predatorie e medievali). I manifestanti hanno stracciato effigi del Governatore della provincia, il Principotto Mohammed bin Fahd, figlio dell'ex-Sovrano Fahd bin Abdul Aziz Al Saoud.

Brutale e cieca come sempre, la repressione non si é fatta attendere e, al suo culmine, la sbirraglia di Re Saoud ha toccato un picco di abiezione arrivando a sequestrare un vecchio settuagenario (che non aveva preso alcuna parte al rally di protesta) per convincere, con una minaccia trasversale nel più puro stile mafioso, suo figlio (che era stato visto fra i dimostranti più attivi) a consegnarsi loro.

Una nuova manifestazione di protesta dovrebbe tenersi oggi nel centro vero e proprio di Qatif.
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Ramadan Abdullah, leader della Jihad Islamica, interviene alla Conferenza sull'Intifada in corso a Teheran!


Il leader del Movimento per la Jihad Islamica in Palestina, il celebre economista Ramadan Abdullah (già docente a Tampa e all'Università della Florida del Sud), presente a Teheran per i lavori della Quinta Conferenza internazionale sull'Intifada Palestinese, ha dichiarato che il cammino della Lotta e della Resistenza non ha alternative e rappresenta l'unica strada che i Palestinesi possano percorrere per ristabilire i loro Diritti inalienabili; la notizia é stata riportata dal canale iraniano di lingua inglese PressTV e dall'agenzia stampa ufficiale della Repubblica popolare cinese, Xinhua.

Abdullah nel corso del suo intervento si é rivolto al Presidente 'de facto' dell'Anp (col mandato scaduto da due anni e nove mesi), Mahmud Abbas, affinché interrompa una volta per tutte la pretesa di 'negoziati' con l'occupazione sionista, notando che più tale infingimento viene protratto più a lungo si fornisce a Tel Aviv un paravento dietro il quale continuare indisturbata le sue operazioni di insediamento illegale, colonizzazione e giudeizzazione forzata di terra palestinese.

Nella giornata precedente era toccato alla Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei prendere la parola alla Conferenza, con un intervento nel quale era stata duramente condannata ed esposta come chimerica e strumentale ai soli interessi sionisti la cosiddetta 'Soluzione a Due Stati' la cui accettazione si risolverebbe in un implicito riconoscimento della 'legittimità' dell'occupazione sionista delle terre palestinesi violate con la 'Nakba' del 1948 e col conseguente olocausto di migliaia di villaggi e cittadine arabe; distrutte dalle milizie ebraiche con stragi e massacri che fecero impallidire quelle compiute in Europa dalle SS naziste solo pochi anni prima.

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Incontro costruttivo tra i vertici di Hezbollah e la leadership del partito cristiano Marada!


Il Segretario Generale del Movimento sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ricevuto nella giornata di ieri una delegazione dei vertici del movimento cristiano maronita 'Marada', storica formazione libanese facente capo alla influente famiglia Franjeh; gli ospiti erano capeggiati dal Segretario del Marada, Suleiman Franjeh e da Yusuf Finianos.

L'incontro, cui hanno preso parte il consigliere politico di Nasrallah, Haji Hussein Khalil e il dignitario del partito Haji Wafiq Safah, é ruotato soprattutto attorno ai recentei sviluppi politici in Libano e Medio Oriente.

Secondo un comunicato rilasciato dal Coordinamento di Hezbollah per le Relazioni coi Media Nasrallah e Franjeh hanno valutato il comportamento della maggioranza e del gabinetto di governo nei primi mesi di attività dopo il cambio degli equilibri parlamentari, riflettendo sulle probabili sfide da affrontare nel corso del 2012.
I membri della famiglia Franjeh sterminati nel 1978 dai sicari dei Gemayel.
Suleiman Franjeh, ancora adolescente, sopravvisse per caso all'attentato di stile mafioso con cui la famiglia Gemayel fece massacrare suo padre Antoine, sua madre e sua sorella da sicari del partito fascista della 'Falange', cercando di eliminare potenziali rivali per la leadership sulla comunità cristiano maronita.
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L'Ayatollah Khamenei silura la fallace "Soluzione a due Stati"; "Quello che serve é la libertà della Palestina, non di suoi pezzi!"


La Guida Suprema della Repubblica Islamica, l'Ayatollah Ali Khamenei ha ribadito una volta di più che ogni illusorio tentativo di costruire una "Soluzione a Due Stati" in Palestina é destinato al fallimento. Nel suo messaggio alla Quinta Conferenza sull'Intifada Palestinese, apertasi questo week end nella capitale iraniana Khamenei ha ribadito come la questione palestinese possa essere risolta solo e soltanto "Con la liberazione del suo intero territorio, non di suoi pezzi".

"La Soluzione a Due Stati altro non é che il tentativo di fornire uno schermo e una copertura all'occupazione sionista, costringendo i Palestinesi ad accettare e a riconoscere un'entità illegittima e illegale e forfettando una considerevole parte dei loro diritti non-negoziabili"; Khamenei ha altresì messo in guardia i Palestinesi dai rischi impliciti nell'affrettata richiesta di 'riconoscimento' da parte ONU di uno 'Stato' mutilato e monco e quel che é peggio sotto costante occupazione militare e colonizzazione armata da parte sionista.

Khamenei ha dichiarato che l'accettare implicitamente o esplicitamente il proseguire dell'illegale occupazione sionista sarebbe pericoloso e in ultima analisi letale, come accettare la continua esistenza di un tumore canceroso in un organismo, che in ultimo ne verrebbe indebolito tanto da morire. La Guida Suprema ha articolato che né lui né la repubblica islamica si augurano una guerra convenzionale contro l'occupazione sionisto, né tantomeno rappresaglie violente contro gli immigrati ebrei che dai quattro angoli del mondo sono stati artificiosamente inseriti in terra palestinese.

La soluzione della questione palestinese dovrà essere democratica e tenere conto della volontà e dei diritti di tutti.
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