domenica 15 gennaio 2017

Stefano Bonilauri rilascia intervista all'agenzia stampa IRNA sulle prospettive future dell'Accordo Nucleare!

L'amico e compagno di iniziative Stefano Bonilauri ha recentemente rilasciato questa intervista alla Islamic Republic News Agency.
IRNA:
augurandole un felice anno nuovo, vorrei chiedere la sua opinione, ad un anno dall'attuazione dell'accordo nucleare tra l'Iran e le potenze mondiali, sugli effetti che esso ha avuto e la successiva cancellazione delle sanzioni, nei rapporti politici ed economici tra due paesi, quale sia stato l'impatto piu' importante in termini commerciali e quali siani secondo lei i doveri dell'Europa per la salvaguardia di tale accordo.

Stefano Bonilauri:  Sicuramente il "Piano d'Azione Unificato e Comprensivo" (noto anche come 'Accordo Nucleare') é stato un raggiungimento positivo per la Repubblica Islamica, che ha affermato il proprio diritto a un programma nucleare civile di fronte a una propaganda calunniosa del campo imperialista che da oltre trent'anni propalava la speciosa menzogna di una supposta "bomba atomica iraniana" in fase di costruzione (la prima menzione fu su un quotidiano del regime sionista nell'ormai lontano 1984) ottenendo nel contempo la rimozione di sanzioni inique e punitive che, sulla base di tale propaganda, miravano a comprimere e rallentare il processo di sviluppo e crescita economica del paese.

Tanto per fare un esempio, soltanto pochi giorni fa l'Iran ha cominciato a ricevere i primi aerei passeggeri Airbus, ottenuti proprio grazie alla rimozione delle sanzioni, potendo cominciare il primo aggiornamento della propria linea di volo civile dagli anni '80; tuttavia tali ricadute positive sono messe in forse dalla natura squilibrata e univoca dei rapporti che legano la maggior parte dei paesi firmatari di tale piano.


Infatti al netto della Russia e della Cina, nazioni autonome, indipendenti, ultimamente rivelatasi partner affidabili della Repubblica Islamica non solo nell'arena nucleare, ma anche in campo economico e diplomatico tutti gli altri partner del JCPOA sono paesi vassalli o sussidiari degli Usa i cui governanti e reggitori (e la dinamica delle sanzioni alla Russia deve essere da esempio e monito) non esiterebbero a ritirarsi dall'accordo o a rimangiarselo a costo di gravi danni economici, se così venisse ordinato loro dalla Casa Bianca.

Infatti, mentre si prepara il 'cambio della guardia' a Pennsylvania Avenue, bisogna tenere a mente che l'inquilino entrante Donald Trump, pur rappresentando rispetto a Hillary Clinton l'alternativa meno peggiore, non ha lesinato dichiarazioni ostili nei confronti dell'Iran e ha nominato Segretario di Stato in pectore Rex Tillerson, che ha annunciato di voler "rivedere a fondo" il JCPOA.

Ora, di fronte a un accordo siglato in comitato con potenze autonome e indipendenti non dovrebbe essere possibile ai soli Usa ostacolare, impedire o addirittura 'cancellare' l'accordo, ma vista la relazione diseguale e 'malata' che esiste tra Stati Uniti e paesi dell'Europa Occidentale, diventa preciso dovere dei responsabili iraniani vigilare contro ogni possibilità in tal senso, ricordando al campo occidentale gli impegni assunti e restando pronti a cercare "sponda" presso i partner onesti di tale accordo (la Russia e la Cina) e presso le figure più indipendenti e di garanzia degli enti sovranazionali che lo hanno facilitato e reso possibile la trattativa alla sua base.

Certo, é sempre possibile che le frasi "urticanti" di Donald Trump e del suo staff siano riconducibili a un "gioco delle parti" per cui, se vogliono mostrarsi flessibili e aperti al dialogo con Mosca e sul dossier siriano, giocoforza devono fare "la voce grossa" riguardo ad altri argomenti, per rabbonire la parte più sciovinista del campo repubblicano e per mantenere viva la fiamma dell' "eccezionalismo" a stelle e strisce.

La diplomazia é l'arte della trattativa e del compromesso e, fatti salvi gli insopprimibili interessi della Nazione e del Popolo iraniano, la dirigenza della Repubblica Islamica ha a più riprese dimostrato di essere capace di perseguire la prima e riuscire quasi sempre ad assicurare il secondo, grazie a una classe dirigente di prim'ordine che, ne sono praticamente sicuro, affronterà ogni possibile sviluppo di questa situazione con polso fermo e realismo.

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