Preparatevi, amici irakeni: torneranno le autobombe, torneranno i kamikaze, torneranno gli sporchi traffici tra Curdi, ex-baathisti e rimasugli dell'ISIS; dall'Arabia Saudita arriveranno nuovi mercenari raccattati tra le latrine wahabite di tutto il mondo.
Questo perché il popolo ha 'osato' votare i candidati più determinati nel chiedere la partenza delle ultime centinaia di militari americani nel paese, la chiusura di tutte le loro basi e strutture e la rescissione di ogni rapporto col Pentagono.
Infatti, con 10 province scrutinate su 18 (e le metropoli di Bagdad e Basra già conteggiate) é chiaro che i vincitori di queste elezioni irakene sono l'Alleanza Rivoluzionaria per la Riforma (che riunisce gli ultras di Moqtada al-Sadr e i comunisti) e l'Alleanza Fatah di Hadi al-Ameri, che riunisce esponenti delle milizie popolari Hashd al-Shaabi.
Hadi al-Ameri con la sua alleanza 'istituzionale' (Alleanza della Vittoria), é terzo ma staccato e Nouri al-Maliki ha fatto una riuscita elettorale molto sotto le aspettative.
La bassa affluenza alle urne (quasi il 18 per cento in meno rispetto alle ultime consultazioni) ha chiaramente favorito le formazioni più militanti, in grado di mobilitare compattamente i propri seguaci e assicurarsi che tutti esprimessero il loro voto.
E' chiaro che anche l'ultimo frammento di presenza statunitense in Irak ha i giorni contati, non potrebbe essere altrimenti con le forze più chiaramente antiamericane saldamente in controllo del Parlamento, ma chi vi scrive teme che Pentagono e CIA faranno giocare i più sporchi trucchi per far tornare l'Irak nel caos, esattamente come hanno fatto dopo il massiccio ritiro del 30 dicembre 2011.
Con una considerevole differenza oggi rispetto ad allora, l'Irak è unito e non è più solo e questo farà certamente la differenza.
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